Scorie - Quale diritto al lavoro?
"Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti."
(J. M. Bergoglio)
Di dichiarazioni come quella che ho riportato, Papa Francesco ne fa abbastanza spesso. In Italia rischia di trovarsi in "competizione", se così si vuol dire, con sindacalisti e comunisti assortiti.
Il problema è che un "diritto al lavoro" non esiste, quanto meno non nel senso comunemente inteso (suppongo anche da parte del Papa). Esiste il diritto di ognuno di offrire il proprio lavoro in cambio di altri beni o servizi (tipicamente denaro) nell'ambito di scambi volontari. Impedire a una persona di offrire il proprio lavoro laddove questo non costituisca violazione del principio di non aggressione sarebbe una violazione dello stesso principio di non aggressione.
Viceversa, il "diritto al lavoro" comunemente (ed erroneamente) inteso comporterebbe l'obbligo da parte di qualcuno a scambiare beni o servizi (tipicamente denaro) con attività lavorative che non richiederebbe volontariamente. Questa sarebbe senza dubbio una violazione del principio di non aggressione nei confronti di chi fosse costretto a pagare la prestazione lavorativa altrui.
In altri termini, l'esercizio del diritto da parte di Tizio comporterebbe la (parziale) riduzione in schiavitù di Caio e di chiunque altro paghi il conto. Definire "diritto" una cosa del genere a me pare assurdo, oltre a essere la negazione stessa del concetto autentico di solidarietà, che pure tanto spesso viene invocata dal Papa.
Quanto alla realizzabilità, la storia degli esprimenti socialisti dovrebbe aver fornito già prove sufficienti per non volerne fare di nuovi.
(J. M. Bergoglio)
Di dichiarazioni come quella che ho riportato, Papa Francesco ne fa abbastanza spesso. In Italia rischia di trovarsi in "competizione", se così si vuol dire, con sindacalisti e comunisti assortiti.
Il problema è che un "diritto al lavoro" non esiste, quanto meno non nel senso comunemente inteso (suppongo anche da parte del Papa). Esiste il diritto di ognuno di offrire il proprio lavoro in cambio di altri beni o servizi (tipicamente denaro) nell'ambito di scambi volontari. Impedire a una persona di offrire il proprio lavoro laddove questo non costituisca violazione del principio di non aggressione sarebbe una violazione dello stesso principio di non aggressione.
Viceversa, il "diritto al lavoro" comunemente (ed erroneamente) inteso comporterebbe l'obbligo da parte di qualcuno a scambiare beni o servizi (tipicamente denaro) con attività lavorative che non richiederebbe volontariamente. Questa sarebbe senza dubbio una violazione del principio di non aggressione nei confronti di chi fosse costretto a pagare la prestazione lavorativa altrui.
In altri termini, l'esercizio del diritto da parte di Tizio comporterebbe la (parziale) riduzione in schiavitù di Caio e di chiunque altro paghi il conto. Definire "diritto" una cosa del genere a me pare assurdo, oltre a essere la negazione stessa del concetto autentico di solidarietà, che pure tanto spesso viene invocata dal Papa.
Quanto alla realizzabilità, la storia degli esprimenti socialisti dovrebbe aver fornito già prove sufficienti per non volerne fare di nuovi.
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