Scorie - Peggio che quando danno i numeri

"Ancora una volta, la promessa di ridurre le imposte parte dal prelievo sulla casa. Perché il presidente Renzi ha fatto questa scelta? Dal punto di vista economico, c'è poco da discutere: è chiaro che si tratta di una scelta infelice."
(G. Tabellini)

Qualcuno potrebbe pensare che gli economisti diano il peggio di sé quando, con una (del tutto ingiustificata) buona dose di sicumera, prevedono quale sarà l'andamento del Pil o di altre variabili negli anni a venire, fornendo dati precisi al centesimo di punto percentuale.

Questo è certamente un esercizio tanto inutile quanto rivelatore della tendenza degli economisti mainstream a scimmiottare fisici e ingegneri, ma credo che su una cosa gli economisti facciano ancor più danni: quando disquisiscono di politiche fiscali, indicando a chi governa quali tasse aumentare e quali diminuire.

Guido Tabellini fornisce un esempio di questo atteggiamento, criticando l'ipotesi di rimozione della tassazione patrimoniale sulla prima casa, che a suo parere dovrebbe semmai essere aumentata. A diminuire dovrebbe essere, invece, il cuneo fiscale sul lavoro.

"Premesso che la pressione fiscale è troppo alta e va ridotta, il prelievo sugli immobili forse andrebbe alzato, certamente non diminuito. La vera anomalia italiana è il cuneo fiscale sul lavoro, che è tra i più alti al mondo (il più alto in Europa)."

Tabellini si chiede, quindi, perché Renzi abbia scelto di partire dalla promessa di togliere la Tasi e l'Imu su taluni tipi di immobili.

"L'annuncio di abolire Imu e Tasi, ovviamente, è il risultato di un calcolo politico. Probabilmente i sondaggi dicono che è un provvedimento popolare, in vista delle elezioni amministrative e, chissà, magari anche di elezioni anticipate. Ma questo sposta l'interrogativo. Perché l'imposta patrimoniale sugli immobili è così odiata, rispetto alle altre forme di prelievo? Perché è così difficile spiegare che staremmo tutti meglio se, invece di abolire Imu e Tasi, si riducessero altre imposte? Non è un fenomeno solo italiano. L'imposta sulla casa è la più impopolare anche in altri Paesi."

Che tutte le scelte politiche siano frutto di un calcolo in termini di consenso elettorale è un fatto incontestabile. Ma che dire dell'affermazione di Tabellini secondo cui "staremmo tutti meglio" se le tasse ridotte fossero altre? Qui, a mio avviso, siamo di fronte alla tipica tendenza a considerare l'utilità secondo punti di vista soggettivi con la pretesa che siano oggettivi. Si tratta di un grosso limite di molte persone che si occupano di macroeconomia. Io non credo sia possibile sostenere che "staremmo tutti meglio", a maggior ragione quando non solo si propone di abbassare altre tasse, bensì, addirittura di tagliarne alcune aumentandone altre.

Ed ecco perché pare che le imposte sugli immobili siano così (globalmente) odiate.

"Una spiegazione plausibile è che l'imposta sugli immobili è più odiata perché è più visibile delle altre: per pagarla dobbiamo fare un versamento dai nostri conti in banca. Uno studio recente di due economiste americane, Marika Cabral e Caroline Hoxby, suffraga questa tesi."

In pratica "dove le imposte sono meno visibili e meno note, sono anche più alte."

Cosa conclude Tabellini?

"Tutto questo ci insegna una lezione. Se mai ci sarà di nuovo un governo che, come il governo Monti, costretto dall'emergenza finanziaria e senza preoccuparsi del consenso elettorale, farà salire di nuovo l'imposta sugli immobili, dovrà anche cercare di renderla meno visibile. Vi è un esempio di come farlo: in Irlanda i datori di lavoro hanno l'obbligo di offrire ai loro dipendenti la facoltà di farsi trattenere mensilmente dallo stipendio l'imposta sugli immobili, che poi il datore di lavoro verserà per conto del dipendente proprietario. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Vale anche per le tasse."

In pratica, meglio sfilare il portafoglio ai cosiddetti contribuenti senza che se ne accorgano piuttosto che puntando loro una pistola. Mi si passi la voluta esagerazione, ma la sostanza della proposta mi pare questa.

Ovviamente, per far stare tutti meglio.


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