Scorie - Stupidi elogi alla Fed

"A differenza di quanto avvenne negli anni Settanta, oggi la Federal
Reserve ha un'enorme credibilità nel contrastare l'inflazione. La prova?
Nonostante tutti i soldi stampati, i sondaggi mostrano che le attese di
inflazione delle famiglie sono basse. Ancor più convincente è il mercato da
oltre un trilione di dollari di Treasury Inflation-Protected Securities
(TIPS). Esso evidenzia che gli investitori si attendono una crescita
dell'indice dei prezzi al consumo solo del 2.27% nei prossimi 10 anni.
Bassi tassi di interesse sui titoli del Tesoro decennali mostrano
ulteriormente la fiducia nella Fed."
(T. Crescenzi)

Tony Crescenzi lavora a PIMCO, società statunitense del gruppo tedesco
Allianz che gestisce il più grande fondo obbligazionario al mondo.
Periodicamente scrive per gli investitori occupandosi di banche centrali, e
in particolare della Fed.

Commentando l'esordio di Janet Yellen alla presidenza della banca centrale
statunitense, Crescenzi si è unito al coro di coloro che apprezzano della
neo presidentessa l'atteggiamento da "colomba", definizione che
nell'ornitologia finanziaria viene attribuita a un banchiere centrale che
ama politiche monetarie prevalentemente espansive.

Non brillando certo per originalità di pensiero, Crescenzi sostiene poi che
oggi la Fed ha "un'enorme credibilità nel contrastare l'inflazione",
diversamente dagli anni Settanta. Ovviamente la prova è l'andamento
dell'indice dei prezzi al consumo, il cui rialzo è quasi unanimemente
identificato con l'inflazione. Credo sia sempre utile ricordare che
l'andamento dei prezzi al consumo (e dei prezzi in generale) è conseguenza
dell'inflazione, consistente nell'incremento dell'offerta di moneta a sua
volta conseguenza di politiche monetarie espansive.

Generalmente prima che aumentino i prezzi al consumo aumentano i prezzi
delle attività finanziarie e reali. A differenza degli anni Settanta, i
prezzi al consumo sono soggetti a pressioni ribassiste per lo più a causa
dell'apertura delle economie e della conseguente offerta di beni di consumo
a prezzi contenuti da parte dei Paesi in via di sviluppo, oltre che
dell'aumento del peso negli indici di prodotti tecnologici che hanno fin
qui presentato prezzi strutturalmente decrescenti per via del forte tasso
di innovazione.

Basterebbe uno sguardo all'andamento dei prezzi al consumo prima del 2007
per rendersi conto che, limitandosi a quelli, non ci si accorge di bolle
che si gonfiano su altri prezzi. Lo stesso dicasi per la stima
dell'andamento dei prezzi al consumo implicita nei TIPS decennali. Tra il
2001 e il 2007 non ha mai superato il 2.78 per cento, attestandosi
mediamente al 2.15 per cento. Livelli certamente non allarmanti, eppure
qualche problema la politica monetaria di quegli anni lo ha generato.

Ma tutto torna (si fa per dire) quando Crescenzi porta a sostegno della sua
tesi sulla fiducia verso la Fed i bassi tassi di interesse sui titoli
decennali del Tesoro, pesantemente comprati dalla stessa Fed nell'ambito
delle diverse misure di quantitative easing (ossia monetizzazione del
debito pubblico) attuate negli ultimi anni. Una vera e propria profezia che
si autoavvera.

Capisco che ci sia chi ha motivo di entusiasmarsi per gli effetti della
politica espansiva della Fed, ma un minimo di pudore non farebbe male.

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