Scorie - Il virus della spesa in deficit

Mentre è ragionevole prevedere che prima o poi (sperando più prima che poi) sarà disponibile un vaccino contro Covid-19, non è (ahimè) altrettanto ragionevole prevedere che arriverà un giorno in cui sarà debellato il virus che infetta coloro, e sono tanti, che vedono nella spesa pubblica in deficit la soluzione a ogni problema.

Posto che l'aumento del deficit è pressoché inevitabile, dati i sistemi che compongono il cosiddetto stato sociale che caratterizza l'Italia e tanti altri Paesi, allorquando si verifica una recessione l'idea di "fare di più" è la prima che viene in mente ai portatori del virus della spesa in deficit.

Non c'è da stupirsi, quindi, che i politici italiani invitino il governo a fare operazioni straordinarie in deficit per una quantità più o meno consistente di miliardi, anche contando sul fatto che nel 2019 il deficit è stato inferiore al previsto, ossia 1.6% anziché 2.2% del Pil.

Il problema è che, al posto della sbandierata riduzione delle tasse, la pressione fiscale è aumentata dal 41.9 al 42.4% del Pil. Sarà pur vero che alcuni hanno beneficiato della impropriamente detta "flat tax" (misura peraltro destinata a non essere strutturale), ma è evidente che altri hanno pagato più di prima. E in misura più che proporzionale all'aumento del Pil.

Certamente saranno state le cosiddette rottamazioni e altre diavolerie del fisco per recuperare gettito, ma questi soldi in più sono serviti a ridurre realmente le tasse? Certo che no.

E sul fronte della spesa pubblica cosa è successo? Beh, come non era difficile immaginare, è aumentata dell'1.6% rispetto al 2018, portandosi al 48.7% del Pil, nonostante una riduzione della spesa per interessi sul debito. A conferma che ogni euro in più di tasse non fa altro che essere speso. Qualsiasi sia il colore del governo pro tempore in carica.

Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, dice che sono "al lavoro per il secondo decreto". E non oso immaginare quello che verrà.

Perché il vaccino contro Covid-19 prima o poi sarà disponibile, ma quello contro il virus della spesa in deficit penso proprio di no.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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