Scorie - Inflazione di interventi

Da qualche tempo è iniziata alla BCE una "revisione strategica" che dovrebbe protrarsi per buona parte del 2020 e riguardare obiettivi e strumenti della politica monetaria.

Uno dei temi oggetto di discussione è la definizione dell'obiettivo di inflazione, adesso rappresentato da una crescita dei prezzi al consumo al di sotto ma vicino al 2% annuo nel medio termine. Definizione abbastanza fumosa, tanto per il "sotto ma vicino" quanto per il "medio termine".

Secondo la Bundesbank sarebbe opportuno rivedere il paniere Eurostat in modo da includere la componente degli immobili occupati dai proprietari.

Di parere contrario Vitor Constancio, ex vice presidente della BCE, secondo il quale "quanto sarebbe credibile cambiare l'unità di misura per essere in linea con l'obiettivo che non sei stato capace di raggiungere?"

Dietro queste schermaglie vi sono due visioni contrapposte: la Bundesbank vorrebbe da tempo una riduzione degli stimoli monetari e prendere in maggiore considerazione gli effetti collaterali delle misure espansive sulla stabilità finanziaria, mentre la corrente finora prevalente in seno alla BCE (e osannata in Italia) tende a ritenere che la stabilità finanziaria vada perseguita con strumenti macroprudenziali.

A mio parere il problema parte dalla definizione di inflazione, su cui la discussione non dovrebbe riguardare l'inclusione di questo o quel bene nell'indice dei prezzi, ancorché includere gli immobili sia meglio che escluderli. L'andamento di un indice di prezzi non è l'inflazione, bensì una delle sue conseguenze. Inflazione è l'aumento della quantità di moneta. Fenomeno di cui la BCE è il motore principale.

Quanto agli strumenti macroprudenzuali, dovrebbero servire a contenere gli effetti collaterali (per esempio bolle immobiliari), ma oltre a essere lecito dubitare sulla loro efficacia, hanno il problema che, come tutti gli interventi, hanno conseguenze impreviste e indesiderate.

In sostanza, per correggere gli effetti indesiderati di un intervento se ne fa un altro, che genera a sua volta effetti indesiderati. Tutto ciò aumenta il potere di chi ha a disposizione questi strumenti, ma trattandosi di persone non onniscienti, non è detto che siano efficaci, oltre a interferire con la libera formazione degli scambi di mercato.

Non viene il dubbio che stratificare interventi non sia la soluzione?

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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