Scorie - I tassi negativi sono la morte del capitalismo

Edouard Carmignac, fondatore della omonima società di gestione del risparmio, nei giorni scorsi è stato intervistato dal Sole 24 Ore. Come tanti nel settore, è stato ben lieto degli effetti della politica monetaria ultraespansiva dell'ultimo decennio. In occasione della fine del mandato di Mario Draghi alla presidenza della BCE, Carmignac comprò pagine di giornali per ringraziarlo pubblicamente per l'opera svolta.

Alla domanda se i tassi di interesse negativi non possano rappresentare la fine del capitalismo, Carmignac ha risposto così:

"Al contrario, direi che è il rinascimento del capitalismo. Adesso si è molto incentivati ad assumere rischi per favorire gli investimenti. Non si può più vivere di rendita. Un vero problema per i risparmiatori italiani che sono stati abituati per troppi anni ad avere i rendimenti alti dai BTp."

Se per capitalismo si intende l'economia di mercato, ritenere che la politica dei tassi negativi (al pari di tutti gli altri interventi monetari e non solo) ne favorisca il rinascimento significa delle due l'una: o si è in malafede, oppure non si capisce niente di economia.

Nel caso di Carmignac io propenderei più per la prima ipotesi, ma ognuno può avere una propria opinione in merito.

Resta il fatto che distorcere i tassi di interesse ha diversi effetti negativi a lungo andare. Mi limito a indicarne due.

In primo luogo, rende apparentemente positivo il valore attuale netto di investimenti che, in un contesto di tassi non distorti al ribasso, non lo sarebbero. Questo favorisce lo sviluppo di attività che, a seguito della "normalizzazione" dei tassi, sono destinate a implodere, nonché la permanenza in vita di imprese zombie.

In secondo luogo, spinge investitori generalmente prudenti a scegliere se subire una tassazione per via monetaria, oppure a farsi carico di investimenti il cui rischio non è adeguatamente remunerato proprio in virtù della distorsione monetaria, andando a loro volta incontro a perdite a seguito della "normalizzazione" della politica monetaria.

Nulla di cui entusiasmarsi se si guarda oltre l'oggi. Ma tutti questi signori sono evidentemente allievi di colui che disse "nel lungo periodo saremo tutti morti".

Capita, così, che le picconate all'economia di mercato siano considerate fonti di rinascimento.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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