Scorie - Beata ignoranza




Durante la sua recente visita negli Stati Uniti, Luigi Di Maio ha detto di ispirarsi alla (ipotetica) riforma fiscale di Trump. Quanto alle tasse "sarà una riduzione significativa", ha detto.

Di riduzioni significative ci sarebbe indubbiamente bisogno, ma la modalità di finanziamento della riduzione in questione non farebbe altro che portare nel baratro i già scassati conti pubblici. Afferma Di Maio, infatti:
"Penso a una manovra shock per abbassare le imposte sulle imprese attingendo anche a risorse in deficit".

E, per quanto possa apparire controintuitivo, il deficit è visto come via per ridurre il debito.

"Il debito pubblico macina record su record: noi diciamo che per riuscire a invertire la tendenza serve fare deficit per ripagare il debito con investimenti produttivi".

Evidentemente questa è una fissazione della versione pentastellata del keynesismo. Già pochi giorni fa ho avuto modo di commentare l'idea di ridurre il debito mediante l'introduzione del reddito di cittadinanza. Operazione che aumenterebbe la spesa di 17 miliardi ma, grazie all'incremento del Pil potenziale e, quindi, dell'output gap, darebbe all'Italia la possibilità di fare più deficit, dal quale dovrebbe derivare, con una sorta di moltiplicazione dei pani e dei pesci, un incremento di Pil e gettito fiscale tali da ridurre il rapporto tra debito e Pil.

Anche nel caso in questione pare funzionare lo stesso ragionamento: un taglio delle tasse in deficit dovrebbe spingere Pil e gettito fiscale, con conseguente miglioramento dei conti pubblici.

Purtroppo le cose non funzionerebbero come prospettato da Di Maio e colleghi. Se non si trattasse di favole, l'Italia dagli anni Settanta del secolo scorso in poi avrebbe accumulato molto più Pil che debito. Purtroppo si è verificato l'esatto contrario.

L'unica via per abbassare strutturalmente le tasse, a maggior ragione partendo da un debito pubblico superiore al 130% del Pil, consiste nel ridurre altrettanto strutturalmente la spesa pubblica. Chiunque prometta di risolvere i problemi con un taglio di tasse in deficit o è in malafede, oppure non sa di cosa parla.

Nel caso di Di Maio e colleghi propenderei per la seconda ipotesi, anche se, tra chi li consiglia in materia, probabilmente ci sono persone in malafede. Pensare che circa un terzo dei votanti pare intenda affidarsi a questi signori mi pare agghiacciante.


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