Scorie - Menù elettorale (2)




Comunque vadano le cose, entro i prossimi dodici mesi si saranno tenute le elezioni politiche. Anche di recente ho sostenuto che quando uno considera l'offerta politica italiana deludente può sempre trovare di peggio guardando al di là delle Alpi, in direzione della Francia.

Sarà forse per non perdere la competizione con i colleghi transalpini, ma col passare dei giorni si affastellano proposte programmatiche abbastanza agghiaccianti (se possibile, più agghiaccianti del solito) anche dalle nostre parti.

Il M5S, che da tempo i sondaggi accreditano come il soggetto che otterrebbe più voti alle elezioni, ha preso spunto dalle idee del noto sociologo sinistrorso Domenico De Masi e del sindacalista Marco Craviolatti per sottoporre agli iscritti al blog le iniziative che dovranno far parte del programma di governo in tema di lavoro.

La proposta che pare vada per la maggiore prevede la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, ovviamente a parità di retribuzioni, che secondo Craviolatti comporterebbero un aumento di produttività. Una conclusione piuttosto controintuitiva, ma non per Craviolatti, secondo il quale:

"I Paesi europei in cui si lavora di meno sono i Paesi ricchi del Nord, come Germania, Danimarca e Olanda. Quelli in cui si lavora di più sono i Paesi dell'Est e del Sud, Polonia, Grecia. Un lavoratore greco lavora il 50% in più di un tedesco: nella realtà le cicale sono ricche, le formiche sono povere."

Senza avere la pretesa di fornire una spiegazione esaustiva del perché la produttività sia stagnante da lustri in Italia nonostante risulti che siano maggiori le ore di lavoro rispetto ad alcuni Paesi del nord Europa a maggiore produttività, credo che la soluzione non potrebbe consistere in una riduzione dell'orario settimanale a 35 ore.

Il fatto è che la produttività non dipende solo dal lavoro, bensì anche dagli investimenti, che evidentemente sono, in media, in quantità e qualità inferiori nei Paesi del sud Europa rispetto a quelli del nord, a parità di settore produttivo. Ciò dipende da diverse cause, non ultime, per lo meno in Italia, una tassazione a livelli da Pese del nord Europa alla quale fanno però da contraltare oneri burocratici significativamente superiori, un'amministrazione della giustizia parecchio più lenta e servizi pubblici mediocri.

A ciò si aggiunga, poi, che il fattore lavoro incide sulla produttività sia per via della quantità, sia per la qualità. Non è un mistero che in Italia vi siano persone che percepiscono uno stipendio producendo ben poco, soprattutto (anche se non solo) nel settore pubblico. Per non parlare delle tante aziende in crisi (con banche che continuano a finanziarle pur di rinviare l'emersione di perdite su crediti) che mantengono i dipendenti in cassa integrazione, mentre altrove le persone sono licenziate (ricevendo, poi, indennità di disoccupazione, ma per periodi generalmente inferiori). Ciò contribuisce ad abbassare la produttività media, evidentemente. E spiega anche perché, al tempo stesso, vi siano imprese che riescono a competere in modo eccellente a livello internazionale nonostante il contesto domestico in cui operano.

Quindi credo non abbia alcun senso considerare cicale ricche i Paesi del nord Europa e formiche povere quelli del sud Europa. Né che la riduzione dell'orario di lavoro sarebbe una soluzione, anche perché non credo che ciò avverrebbe a parità di output.

Comunque, questa è l'offerta politica che, pare, vada per la maggiore in Italia. E non so se sia più deprimente leggere proposte di questo genere o sapere che circa un terzo degli elettori pare le condivida.


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