Scorie - Ciò che è corretto e ciò che non loè

"Ed è corretto che i tassi reali siano bassi, dato che i vantaggi di un costo del capitale minimo sopravanzano gli svantaggi di un basso rendimento per i risparmiatori."


(F. Galimberti)

In un articolo di inizio anno in cui non manca l'elogio di un noto economista del passato, Fabrizio Galimberti afferma, tra le altre cose, quanto ho riportato.

Ciò che egli ritiene "corretto" non è affatto detto che lo sia. Anzi, io credo che non lo sia per nulla.

In primo luogo, Galimberti afferma che i vantaggi superano gli svantaggi, senza però indicare in che modo. E dubito che potrebbe essere altrimenti, considerando che un calcolo richiederebbe una quantità tale di assunzioni arbitrarie da renderlo del tutto inattendibile.

L'utilità, che è strettamente legata a vantaggi e svantaggi, è un concetto soggettivo, per cui dipende dalle valutazioni di ogni individuo e un osservatore esterno non può quantificarla.

A questo punto mi si potrebbe chiedere su quali basi io affermi che non è "corretto" che i tassi reali siano bassi.

Non potendo quantificare le utilità individuali e men che meno quelle collettive, io ritengo che i tassi reali bassi, al pari di altre variabili, potrebbero essere considerati corretti se originassero da un ordine spontaneo, nello specifico da un processo di mercato privo di condizionamenti dovuti a interventi distorsivi di politica monetaria.
 
Ora, è un dato di fatto che i tassi di interesse siano pesantemente condizionati dalla politica monetaria, proprio perché chi ha il potere di manovrare le leve monetarie condivide l'idea di Galimberti che i vantaggi di tassi bassi sopravanzino gli svantaggi.

Si tratta di un punto di vista che non ha nulla di oggettivo, né potrebbe averlo per via della non quantificabilità delle utilità individuali. Per questo non è corretto considerare corretto quel livello dei tassi reali.

P.S.: il noto economista del passato era ovviamente Keynes.



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