Scorie - Se ci sarà una soluzione, non sarà di mercato
"Il governo ha fissato tre paletti ambiziosi e chiari: soluzione di mercato; uso delle regole Ue; intervento di
sistema. Non mi pare poco."
(F. Taddei)
Filippo Taddei, responsabile economico del PD e tra i pochi stretti collaboratori di Renzi dall'accento non toscano, afferma che le problematiche tutt'altro che irrisorie delle banche italiane saranno affrontate dal governo con una soluzione di mercato. Il che suscita diverse perplessità: in primo luogo, perché se deve trattarsi di mercato, il governo dovrebbe starne alla larga; in secondo luogo, perché una soluzione di sistema difficilmente può essere al tempo stesso una soluzione autenticamente di mercato.
Nel mercato, infatti, competono soggetti individuali. Quando si parla di intervento di sistema, al contrario, significa che una pluralità di soggetti che svolgono la stessa attività sono destinatari dell'intervento, e difficilmente ciò è qualcosa che dipende dalla libera e incondizionata formazione di domanda e offerta.
Poco dopo, infatti, Taddei afferma:
"Stiamo cercando di creare un mercato dei non performing loans, finora inesistente. Si tratta di un'operazione complessa, che richiede anche una spinta pubblica. Il governo quindi si sta adoperando sia per un eventuale nuovo apporto della Cassa depositi e prestiti nel fondo Atlante o Atlante bis che sarà, sia per coinvolgere nuovi soggetti, dalle casse previdenziali alle assicurazioni, perché questo mercato può offrire ottimi rendimenti."
Il problema dello smaltimento dei crediti deteriorati, e in particolare delle sofferenze, dai bilanci delle banche, si trascina ormai da alcuni anni. Dato che l'economia non gode di ottima salute, il flusso di crediti che vanno a ingrossare i deteriorati non si arresta, il che provoca un aumento della massa dei deteriorati stessi.
Il mercato non è che debba essere creato, men che meno dal governo. Altrimenti sarebbe fuori luogo chiamarlo mercato. In estrema sintesi, il problema è che le banche devono vendere quei crediti e sono pressate a farlo dalle autorità di vigilanza, creando un'offerta elevata. Non altrettanto consistente è la domanda, il che, come è logico, determina una pressione ribassista sui prezzi.
Ciò fa sì che tra quanto sono disposti a pagare i compratori (prevalentemente fondi di investimento) e quanto vorrebbero incassare le banche per non registrare ulteriori perdite tali da costringerle a effettuare sanguinosi aumenti di capitale, ci sia oggi una differenza di circa 20 punti percentuali.
Quanto Taddei parla di "creare un mercato" in realtà intende dire che il governo vuole ridurre il più possibile quel gap tra domanda e offerta. Quanto agli "ottimi rendimenti", evidentemente chi oggi è disposto, senza incentivi o costrizioni, a comprare le sofferenze, ha un'opinione diversa da quella di Taddei e del governo.
Per inciso, i prezzi offerti da chi compra sono così bassi, oltre che per l'abbondanza di offerta potenziale, principalmente perché le procedure di recupero del credito in Italia hanno tempi significativamente superiori rispetto agli altri Paesi europei e, come è noto, il tempo è denaro. Il governo da mesi sostiene che i provvedimenti che ha assunto ridurranno drasticamente quei tempi, ma l'implementazione di tali misure richie a loro volta tempo, e l'esperienza passata insegna che burocrazia e magistratura non saranno particolarmente solerti.
Quindi credo che di tutto si possa parlare, meno che di soluzione di mercato. Sempre ammesso che una soluzione arrive.
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