Scorie - L'OCSE ha la ricetta vincente: gli investimenti giusti
"I tassi di interesse oggi eccezionalmente bassi migliorano lo spazio fiscale dei governi, permettendo un'opportunità unica di fare investimenti in infrastrutture che spingano la domanda, alimentino la crescita e nelle stesso tempo migliorino le finanze pubbliche… occorre scegliere i progetti giusti."
(A. Gurria)
Angel Gurria, segretario generale dell'OCSE, ha declamato la classica ricetta keynesiana: con i tassi di interesse a livelli mai così bassi, chi ha "spazio fiscale" dovrebbe fare investimenti pubblici indebitandosi.
"Spazio fiscale" è la formula utilizzata per indicare quegli Stati che non hanno un debito molto elevato in rapporto al Pil, quanto meno nella percezione di chi quel debito lo compra e, di conseguenza, ne stabilisce il rendimento (costo per lo Stato, ossia per chi in quello Stato paga le tasse).
Quello prospettato da Gurria sembra l'Eden: si possono fare investimenti che hanno un valore attuale netto positivo e che, quindi, oltre ad aumentare l'occupazione e il Pil, finiscono per diminuire il rapporto tra debito e Pil.
Bisogna davvero essere ottusi per avere perplessità dinanzi a un tale roseo scenario, è il messaggio implicito. In fin dei conti basta "scegliere i progetti giusti".
Confesso di appartenere al gruppo degli ottusi, perché la storia degli investimenti "giusti" che si pagano da soli circola ormai da almeno 80 anni, ma evidentemente qualcosa deve essere andato storto il più delle volte. L'evidenza suggerisce che a debito se ne siano fatte tante di cose, ma gli investimenti "giusti" forse non erano poi così giusti. Quanto meno, vi è stata una costante sottostima dei costi e/o sovrastima dei ricavi. E questo volendo escludere comportamenti autenticamente criminali, che pure abbondano quando di mezzo ci sono i denari dei contribuenti.
Il motivo è che, logicamente, quegli investimenti non avrebbero potuto essere "giusti". In teoria sarebbe stato possibile (e lo sarebbe anche oggi) individuare investimenti che, seppur con una dose ineliminabile di incertezza, avrebbero potuto ripagare se stessi. Ma definire "giusti" tali investimenti non sarebbe corretto, per il (non banale) motivo che una parte più o meno consistente di coloro che ne sopportano oneri e rischi sono obbligati a farlo a prescindere dalla loro volontà.
In pratica, poi, buona parte degli investimenti ex ante considerati "giusti", si sono rivelati errati ex post. Il che, tra le altre cose, ha contribuito a ridurre lo "spazio fiscale" degli Stati. In altri termini, chi ha deciso quali investimenti fossero giusti ha sbagliato, in parte perché è impossibile essere onniscienti, e in parte perché politicamente l'investimento "giusto" è quello che genera il maggior consenso elettorale di breve termine.
Quindi il miglior modo per avere investimenti "giusti" è lasciare che li facciano i privati volontariamente. E perché ciò sia possibile è necessario che gli Stati riducano la loro ingombrante e costosa presenza.
Una cosa che non sentirete mai dire dai Gurria di questo mondo, non da ultimo perché verrebbe meno anche la ragione di essere di organizzazioni come l'OCSE.
(A. Gurria)
Angel Gurria, segretario generale dell'OCSE, ha declamato la classica ricetta keynesiana: con i tassi di interesse a livelli mai così bassi, chi ha "spazio fiscale" dovrebbe fare investimenti pubblici indebitandosi.
"Spazio fiscale" è la formula utilizzata per indicare quegli Stati che non hanno un debito molto elevato in rapporto al Pil, quanto meno nella percezione di chi quel debito lo compra e, di conseguenza, ne stabilisce il rendimento (costo per lo Stato, ossia per chi in quello Stato paga le tasse).
Quello prospettato da Gurria sembra l'Eden: si possono fare investimenti che hanno un valore attuale netto positivo e che, quindi, oltre ad aumentare l'occupazione e il Pil, finiscono per diminuire il rapporto tra debito e Pil.
Bisogna davvero essere ottusi per avere perplessità dinanzi a un tale roseo scenario, è il messaggio implicito. In fin dei conti basta "scegliere i progetti giusti".
Confesso di appartenere al gruppo degli ottusi, perché la storia degli investimenti "giusti" che si pagano da soli circola ormai da almeno 80 anni, ma evidentemente qualcosa deve essere andato storto il più delle volte. L'evidenza suggerisce che a debito se ne siano fatte tante di cose, ma gli investimenti "giusti" forse non erano poi così giusti. Quanto meno, vi è stata una costante sottostima dei costi e/o sovrastima dei ricavi. E questo volendo escludere comportamenti autenticamente criminali, che pure abbondano quando di mezzo ci sono i denari dei contribuenti.
Il motivo è che, logicamente, quegli investimenti non avrebbero potuto essere "giusti". In teoria sarebbe stato possibile (e lo sarebbe anche oggi) individuare investimenti che, seppur con una dose ineliminabile di incertezza, avrebbero potuto ripagare se stessi. Ma definire "giusti" tali investimenti non sarebbe corretto, per il (non banale) motivo che una parte più o meno consistente di coloro che ne sopportano oneri e rischi sono obbligati a farlo a prescindere dalla loro volontà.
In pratica, poi, buona parte degli investimenti ex ante considerati "giusti", si sono rivelati errati ex post. Il che, tra le altre cose, ha contribuito a ridurre lo "spazio fiscale" degli Stati. In altri termini, chi ha deciso quali investimenti fossero giusti ha sbagliato, in parte perché è impossibile essere onniscienti, e in parte perché politicamente l'investimento "giusto" è quello che genera il maggior consenso elettorale di breve termine.
Quindi il miglior modo per avere investimenti "giusti" è lasciare che li facciano i privati volontariamente. E perché ciò sia possibile è necessario che gli Stati riducano la loro ingombrante e costosa presenza.
Una cosa che non sentirete mai dire dai Gurria di questo mondo, non da ultimo perché verrebbe meno anche la ragione di essere di organizzazioni come l'OCSE.
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