Scorie - Relazioni
"In Italia il capitalismo di relazione ha prodotto alcuni effetti decisamente negativi: è il momento di mettere la parola fine a un sistema basato più sulle relazioni che sulla trasparenza e sul rapporto con il mondo che sta fuori e chiede più dinamismo e trasparenza… Questo Paese ha un problema di classe dirigente, non solo di politica. Noi stiamo facendo la nostra parte ma non tocca solo a noi. Il sistema del capitalismo di relazione è morto e se non muore, muore l'Italia: la politica oggi è fuori da questo gioco, cambia passo. L'impresa ci dia una mano a cambiare questo sistema."
(M. Renzi)
Intervenendo a Milano presso la sede della Borsa Italiana davanti a una platea di banchieri e imprenditori, Matteo Renzi ha condannato a morte il cosiddetto capitalismo di relazione.
Come non essere d'accordo, in linea di principio. Lo Stato, in tutte le sue articolazioni, non dovrebbe intervenire né favorire questo o quel settore o, peggio ancora, questo o quell'imprenditore. Né dovrebbe penalizzare alcuno. Men che meno dovrebbe farlo in virtù delle relazioni più o meno remunerate con questo o quel soggetto.
Ovviamente il capitalismo di relazione è tanto più sviluppato quanto più lo Stato allunga i suoi tentacoli al di fuori degli ambiti (a mio parere comunque troppo estesi) nei quali lo avrebbero voluto confinare i liberali classici. Va da sé che in Italia (ma in quasi tutto il mondo) il capitalismo di relazione è oggi molto sviluppato, se così si vuol dire.
A me non pare che Renzi voglia ridurre la presenza dello Stato in economia, men che meno che, al di là delle parole di condanna, voglia far morire il capitalismo di relazione. Credo, infatti, che a lui non dispiaccia il capitalismo di relazione in quanto tale, bensì le relazioni finora prevalenti nel capitalismo italiano. In altri termini, credo vorrebbe solo cambiare i protagonisti di quelle relazioni e, forse, qualche forma di interlocuzione.
D'altra parte, non mancano esempi di imprenditori renziani (molti magari di recente "conversione") nei confronti dei quali il governo in carica ha un occhio di riguardo. Si pensi, per fare un solo esempio, a Oscar Farinetti, che ottiene spazi e permessi per la sua Eataly dove altri non riuscirebbero neppure avendo tutte le carte in regola, spesso senza neppure dover vincere gare di appalto (per quanto la gara di appalto non sia di per sé garanzia di assenza di capitalismo di relazione, essendo spesso noto a priori, o quanto meno immaginabile, chi vincerà).
In definitiva, ancora una volta tra le parole di Renzi e i fatti esiste un contrasto piuttosto evidente. Dice che "la politica oggi è fuori da questo gioco, cambia passo". Ma quale cambio di passo: al massimo cambia qualche faccia.
(M. Renzi)
Intervenendo a Milano presso la sede della Borsa Italiana davanti a una platea di banchieri e imprenditori, Matteo Renzi ha condannato a morte il cosiddetto capitalismo di relazione.
Come non essere d'accordo, in linea di principio. Lo Stato, in tutte le sue articolazioni, non dovrebbe intervenire né favorire questo o quel settore o, peggio ancora, questo o quell'imprenditore. Né dovrebbe penalizzare alcuno. Men che meno dovrebbe farlo in virtù delle relazioni più o meno remunerate con questo o quel soggetto.
Ovviamente il capitalismo di relazione è tanto più sviluppato quanto più lo Stato allunga i suoi tentacoli al di fuori degli ambiti (a mio parere comunque troppo estesi) nei quali lo avrebbero voluto confinare i liberali classici. Va da sé che in Italia (ma in quasi tutto il mondo) il capitalismo di relazione è oggi molto sviluppato, se così si vuol dire.
A me non pare che Renzi voglia ridurre la presenza dello Stato in economia, men che meno che, al di là delle parole di condanna, voglia far morire il capitalismo di relazione. Credo, infatti, che a lui non dispiaccia il capitalismo di relazione in quanto tale, bensì le relazioni finora prevalenti nel capitalismo italiano. In altri termini, credo vorrebbe solo cambiare i protagonisti di quelle relazioni e, forse, qualche forma di interlocuzione.
D'altra parte, non mancano esempi di imprenditori renziani (molti magari di recente "conversione") nei confronti dei quali il governo in carica ha un occhio di riguardo. Si pensi, per fare un solo esempio, a Oscar Farinetti, che ottiene spazi e permessi per la sua Eataly dove altri non riuscirebbero neppure avendo tutte le carte in regola, spesso senza neppure dover vincere gare di appalto (per quanto la gara di appalto non sia di per sé garanzia di assenza di capitalismo di relazione, essendo spesso noto a priori, o quanto meno immaginabile, chi vincerà).
In definitiva, ancora una volta tra le parole di Renzi e i fatti esiste un contrasto piuttosto evidente. Dice che "la politica oggi è fuori da questo gioco, cambia passo". Ma quale cambio di passo: al massimo cambia qualche faccia.
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