Scorie - Peggio della Corazzata Potemkin




Nel dibattito sulla proposta di flat tax elaborata dall'Istituto Bruono Leoni non poteva mancare il contributo di uno dei tanti keynesiani che popolano le università italiane: Gustavo Piga. Il quale, soffermandosi sull'ipotesi che la riforma comporti una riduzione di spesa pubblica di 27 miliardi, si dice contrario a destinare i risparmi alla riduzione del carico fiscale.

"Mi permetto allora di mettere sul tavolo una proposta alternativa: anch'essa parte da una vera spending review, e magari anche da una "quasi-flat tax", una che tuttavia replichi (e non riduca) l'attuale gettito totale dello Stato, forse con un'aliquota fissa al 30% che sale al 40% solo per i redditi alti. E cosa fare dei risparmi così ottenuti dalla spending? Un aumento di 27 miliardi degli investimenti pubblici, in particolare ad alto contenuto infrastrutturale, efficaci visto che parliamo di uno Stato che avrà imparato a spendere bene. Così facendo, senza aumentare il deficit, si sosterrà la produttività delle imprese, l'occupazione delle persone con basso grado di istruzione, la riduzione delle disuguaglianze, la ripresa dei consumi e della fiducia. La (quasi) flat tax non è dunque né liberista né keynesiana, ma cosa facciamo dei risparmi della spending review sì. Il dibattito è aperto."

Dato che "il dibattito è aperto", il mio modesto contributo, sinteticamente, attinge dal parere fornito da Fantozzi (i primi due film della serie interpretati dall'appena scomparso Paolo Villaggio sono a mio parere documentari sull'Italia ancora attuali dopo quattro decenni) al dibattito post (ennesima) proiezione della Corazzata Potemkin. Non mi aspetto i successivi 92 minuti di applausi, ma credo che la sintesi fantozziana sia calzante anche nel caso della proposta di Piga.

Volendo aggiungere qualche dettaglio, in sostanza il gettito fiscale non diminuirebbe neppure di un centesimo. Semplicemente si ridurrebbe il numero di aliquote e i risparmi ipotetici della spending review sarebbero spesi altrimenti.

La storia degli investimenti pubblici a moltiplicatore iperbolico, dei quali purtroppo scarseggia l'evidenza empirica, continua a essere ripetuta come un mantra da tutti i keynesiani. Peccato che molti di essi nel corso del tempo siano stati consiglieri di ministri o addirittura ministri, senza che tali investimenti miracolosi si siano materializzati.

Del tutto indimostrabile, poi, il presupposto di uno Stato che "avrà imparato a spendere bene". Di fronte ad affermazioni del genere non basterebbe neppure il programma fantozziano di rieducazione cinematografica riservato al professor Riccardelli.


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