Scorie - Non è il numero il vero problema dei sindacati
"Cgil, Cisl e Uil decidano che cosa fare, ma così come abbiamo ridotto il numero dei politici con il superamento delle province e la riforma costituzionale si può anche immaginare un sindacato unico. È normale che in Italia il numero dei sindacalisti sia il più alto del mondo? È inaccettabile che invece di preoccuparsi di difendere gli interessi dei lavoratori i sindacati giocano a battaglia navale contro le altre sigle. La legge sulla rappresentanza sindacale va fatta. Il sindacato unitario c'è in Germania e funziona."
(M. Renzi)
Non sono mai stato iscritto a un sindacato e, anzi, spesso mi capita di commentare in senso critico le affermazioni dei sindacalisti. Trovo anche che i sindacati in Italia abbiano fatto e continuino a fare parecchi danni. Tutti i sindacati: sia quelli che rappresentano i lavoratori dipendenti, sia quelli che rappresentano i datori di lavoro. Entrambe le parti sono sostanzialmente contrarie al libero mercato, e questo a un libertario non può certo risultare congeniale.
Credo quindi che siano criticabili le posizioni dei sindacati e anche la legislazione che ne regola l'attività. Posso anche condividere l'idea che ci siano troppi sindacalisti, con sigle sindacali che hanno più rappresentanti che rappresentati; sono anche d'accordo che "invece di preoccuparsi di difendere gli interessi dei lavoratori i sindacati giocano a battaglia navale contro le altre sigle". Quest'ultima considerazione, peraltro, può benissimo essere indirizzata ai partiti politici nei confronti dei cittadini.
In ogni caso, al contrario di Renzi non farei un parallelo tra la riduzione del numero dei politici e quello dei sindacati/sindacalisti. I politici sono in tutto e per tutto consumatori di tasse, mantenuti con i soldi dei pagatori di tasse, anche se costoro non li hanno votati.
I sindacalisti sono in qualche misura consumatori degli stipendi altrui, ma vengono per lo più pagati dagli iscritti, e l'iscrizione non è obbligatoria. Di sicuro sarebbe bene che lo Stato non concedesse ai sindacati nessun posto al banchetto delle tasse altrui. Ma questo vale in linea generale per qualsiasi categoria e associazione.
E se proprio si volesse affrontare la questione, a mio parere la cosa peggiore è che gli accordi fatti tra sindacati e imprese siano vincolanti anche per i non iscritti ai sindacati stessi. Da questo punto di vista, per chi non è iscritto mi pare non sia di alcuna consolazione sapere che al tavolo era presente un'unica sigla sindacale invece che tre, cinque o venti.
Ognuno sia libero di associarsi come preferisce, purché non violi la proprietà altrui. Questo dovrebbe valere tanto per i partiti, quanto per i sindacati e ogni altra forma di associazione. Basterebbe questa regola, tanto chiara quanto semplice. Due motivi per cui si può stare certi che tanto Renzi quanto i suoi successori non la prenderanno mai neppure in considerazione.
(M. Renzi)
Non sono mai stato iscritto a un sindacato e, anzi, spesso mi capita di commentare in senso critico le affermazioni dei sindacalisti. Trovo anche che i sindacati in Italia abbiano fatto e continuino a fare parecchi danni. Tutti i sindacati: sia quelli che rappresentano i lavoratori dipendenti, sia quelli che rappresentano i datori di lavoro. Entrambe le parti sono sostanzialmente contrarie al libero mercato, e questo a un libertario non può certo risultare congeniale.
Credo quindi che siano criticabili le posizioni dei sindacati e anche la legislazione che ne regola l'attività. Posso anche condividere l'idea che ci siano troppi sindacalisti, con sigle sindacali che hanno più rappresentanti che rappresentati; sono anche d'accordo che "invece di preoccuparsi di difendere gli interessi dei lavoratori i sindacati giocano a battaglia navale contro le altre sigle". Quest'ultima considerazione, peraltro, può benissimo essere indirizzata ai partiti politici nei confronti dei cittadini.
In ogni caso, al contrario di Renzi non farei un parallelo tra la riduzione del numero dei politici e quello dei sindacati/sindacalisti. I politici sono in tutto e per tutto consumatori di tasse, mantenuti con i soldi dei pagatori di tasse, anche se costoro non li hanno votati.
I sindacalisti sono in qualche misura consumatori degli stipendi altrui, ma vengono per lo più pagati dagli iscritti, e l'iscrizione non è obbligatoria. Di sicuro sarebbe bene che lo Stato non concedesse ai sindacati nessun posto al banchetto delle tasse altrui. Ma questo vale in linea generale per qualsiasi categoria e associazione.
E se proprio si volesse affrontare la questione, a mio parere la cosa peggiore è che gli accordi fatti tra sindacati e imprese siano vincolanti anche per i non iscritti ai sindacati stessi. Da questo punto di vista, per chi non è iscritto mi pare non sia di alcuna consolazione sapere che al tavolo era presente un'unica sigla sindacale invece che tre, cinque o venti.
Ognuno sia libero di associarsi come preferisce, purché non violi la proprietà altrui. Questo dovrebbe valere tanto per i partiti, quanto per i sindacati e ogni altra forma di associazione. Basterebbe questa regola, tanto chiara quanto semplice. Due motivi per cui si può stare certi che tanto Renzi quanto i suoi successori non la prenderanno mai neppure in considerazione.
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