Scorie - L'unica sicurezza è che quella garanzia non esiste

"Nei prossimi giorni, ciò che serve sono pazienza e calma. I depositi bancari dei greci sono al sicuro. Lo stesso vale per il pagamento di stipendi e pensioni, anch'essi garantiti."
(A. Tsipras)

Nell'annunciare la chiusura delle banche almeno fino a quando si sarà tenuto il referendum del 5 luglio che lui stesso ha indetto (a sorpresa) venerdì sera, Alexis Tsipras ha maldestramente tentato di rassicurare i greci. Chiedendo poi loro di votate "no" al referendum, nel quale in buona sostanza si chiederà ai cittadini se vogliono accettare o meno l'ultima proposta della troika (anche se Tsipras non vuole che la si chiami così).

Ma già da qualche tempo i greci stessi non erano tanto calmi e pazienti, se è vero che i depositi stavano calando a un ritmo di circa un miliardo di euro al giorno. Le code ai bancomat sono ciò che i mezzi di informazione fanno vedere perché, come direbbe Bastiat, è ciò che si vede. Ed è anche l'immagine tipica della crisi bancaria in stile otto-novecento. In realtà la parte preponderante dei deflussi di liquidità riguarda le somme trasferite elettronicamente da conti in banche greche a conti in banche estere. E' ciò che non si vede, ma che accelera, e di molto, la crisi di liquidità delle banche.

I depositi bancari dei greci non sono al sicuro, per il semplice fatto che i soldi non sono dove dovrebbero essere. E questo è inevitabile in ogni sistema a riserva frazionaria, nel quale i depositi a vista sono utilizzati dalle banche per erogare credito. Il che fa sì che, nello stesso momento, almeno due soggetti abbiano diritto di utilizzare la stessa somma di denaro: il depositante, legittimo proprietario di quel denaro, e chi ha ottenuto credito dalla banca.

Per i fautori del positivismo giuridico, ciò è perfettamente legale perché così stabiliscono norme di legge approvate da parlamenti e regolamenti emanati da autorità di vigilanza sulla base di altre norme emanate da parlamenti. Nondimeno, si tratta di una attività illegittima, e che sia illegittima diventa evidente quando la fiducia dei depositanti viene meno e le richieste di prelevare denaro aumentano, facendo crollare il castello di carte.

Se una somma deve essere disponibile per il depositante in qualsiasi momento, è evidente che il depositario può avere la certezza di adempiere alla sua obbligazione di restituire la somma solo se non la utilizza (ad esempio) per fare credito. Viceversa, se la banca depositaria concede credito a un terzo soggetto, accende un nuovo deposito e questo soggetto terzo può utilizzare quella somma al pari del depositante legittimo proprietario.

Ora, se chi ha ricevuto credito utilizza la somma, ad esempio, per fare pagamenti di propri fornitori, nello stesso momento quel denaro non può essere ritirato dal legittimo proprietario. Siccome il denaro è un bene fungibile, le banche (e la legislazione che sancisce la legalità della riserva frazionaria) contano di disporre di scorte di liquidità sufficienti a soddisfare le richieste dei depositanti anche utilizzando il loro denaro per erogare credito. In effetti, finché non ci sono crisi di fiducia il sistema regge, ma appena la fiducia diminuisce si crea un'accelerazione verso l'insolvenza della banca.

Quindi in Grecia, ma in generale in tutti i sistemi a riserva frazionaria, se c'è una cosa che non è affatto sicura sono i depositi bancari. Quanto agli stipendi e alle pensioni pubbliche, Tsipras può rassicurare finché vuole i suoi concittadini, ma se Bce e creditori internazionali (leggi i contribuenti europei) chiudono davvero i rubinetti e non li riaprono, anche quelli saranno presto destinati a essere pagati in una nuova (o vecchia) moneta fiat creata e gestita dalla Banca centrale greca su indicazione del governo ellenico. Con quale potere d'acquisto, i greci lo scolpiranno poi.


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