Scorie - Traduzione
"Qualche giorno fa ho letto un articolo di Marco Piantini, che risulta essere Consigliere per gli Affari europei del Presidente del Consiglio (a proposito: ma quanti consiglieri ha Renzi?), denso di retorica modello "serve più Europa". Ho quindi pensato di prenderne i passaggi più significativi (o meno insignificanti) e di darne un'interpretazione volta a togliere il tipico velo politically correct."
La crisi che colpisce l'Europa dal 2008 avrebbe travolto le nostre economie senza lo scudo dell'euro, ma ha anche mostrato i limiti dell'architettura istituzionale dell'Eurozona. Occorre avere fino in fondo questa duplice consapevolezza: tanto dell'indispensabilità dell'Unione economica e monetaria, quanto della sua incompletezza nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, quali il Meccanismo europeo di stabilità finanziaria e l'Unione bancaria.
Traduzione:
Anche se non si sa come sarebbe effettivamente andata, cominciamo col dire che senza l'euro sarebbe stato "pianto e stridore di denti"; probabilmente adesso saremmo tornati nelle caverne, per cui serve più Europa.
Se il quadro politico complessivo in Europa pone diversi ostacoli su quella via non possiamo però sottrarci alla responsabilità di un forte impegno per superarli. Non deve spaventare questa prospettiva, quanto in primo luogo stimolare a un maggior sforzo nell'informazione e nel dialogo con i cittadini.
Traduzione:
Nonostante la propaganda martellante, sempre più cittadini europei non sono entusiasti dell'Europa, ma questo non deve spaventarci, bensì indurci ad aumentare la propaganda.
Diverse volte in momenti di crisi, la Comunità prima e l'Unione poi ha saputo trovare motivazioni e slancio per ripensare il proprio funzionamento e per trovare soluzioni impreviste, ma coraggiose. Anche stavolta può essere così se saremo consapevoli che non esistono soluzioni facili per la definizione di una architettura istituzionale compiuta. Ma esistono battaglie politiche per le quali vale la pena spendersi a livello nazionale e a livello europeo. Ed esistono percorsi graduali e realistici, guidati da un comune senso di direzione, che puntino a superare diffidenze reciproche e resistenze di vario tipo.
Traduzione:
Far crescere il peso dell'eurocrazia non è stato sempre facile, ma finora ci siamo riusciti e, anche se non sarà facile, l'acquisizione di nuovi poteri è una battaglia politica che vale la pena combattere. Sarà il caso di pensare a percorsi graduali, dato che a forza di infinocchiare i cittadini europei la loro diffidenza è aumentata.
Volendo usare una formula, dopo il whatever it takes finanziario, occorrerebbe da parte delle Istituzioni comunitarie un whatever it takes politico. È ormai evidente infatti che l'unione monetaria, che ci fa da scudo rispetto a un mondo e a una economia sempre più globalizzati, per dare tutti i suoi frutti deve svilupparsi su due fronti: orientare le sue politiche verso la crescita economica e completare la costruzione di strumenti comuni di governo più efficaci e con maggiori garanzie di controllo democratico e di accountability.
Traduzione:
Se la BCE è disposta a fare qualsiasi manipolazione monetaria per cercare di tenere a galla un sistema gonfio di debiti impagabili, la politica non può starsene con le mani in mano. Da un lato deve smetterla di (far finta) di preoccuparsi di deficit e debiti eccessivi, dato che la BCE stampa euro a volontà monetizzando, sia pure indirettamente, quei debiti. Dall'altro deve arrivare a un'unione fiscale.
I quattro presidenti - di Commissione europea, Consiglio europeo, Bce ed Eurogruppo - presenteranno al Consiglio europeo di giugno un rapporto sul futuro della governance dell'Unione economica e monetaria. È auspicabile che il rapporto apra un più ampio dibattito su questo tema, solo all'apparenza di natura tecnica e riservato a cultori di temi istituzionali. E al di là della scadenza del Consiglio europeo di giugno si delinei una prospettiva più ampia. Il vero nodo politico è come costruire realisticamente quella prospettiva.
Traduzione:
I quattro presidenti diranno che serve più Europa. Sarà bene aprire un dibattito e far finta di voler coinvolgere anche chi subirà questi cambiamenti senza avere in realtà alcuna voce in capitolo. Il vero nodo politico è come convincere chi avrà da rimetterci.
Il rapporto dei quattro presidenti può essere una tappa importante per ribadire la necessità di profonde riforme in ciascuno Stato, e insieme per delineare un sistema di incentivi e sostegni; per proporre una capacità fiscale e di prestito autonoma per l'euro, che possa avviare politiche economiche anticicliche, e quindi sostenere attivamente l'economia (Unione di bilancio); per sottolineare che gli attuali squilibri interni all'Unione monetaria sono un rischio; per approfondire quanto può essere fatto a trattato vigente e con lo strumento delle cooperazioni rafforzate; per riprendere la riflessione sullo scenario dell'Unione politica; e soprattutto per avviare un rafforzamento della dimensione sociale e democratica della zona euro e dell'Ue nel suo complesso.
Traduzione:
L'ideale sarebbe convincere chi oggi è contrario ad andare verso un'unione dei trasferimenti a senso unico, in cui qualcuno paga sempre e qualcun altro incassa sempre. Meglio sarebbe con una tassazione su base europea e un debito messo in comune, in modo tale da poter aumentare il deficit senza problemi di divergenze nei rendimenti dei diversi titoli di Stato. I tedeschi devono convincersi che non possono continuare ad avere una bilancia commerciale in attivo per oltre 6 punti di Pil. Se poi, con tutte le apparenze democratiche del caso, si arrivasse a un'unione politica, tanto meglio.
Non è tempo per una vuota retorica, ma per completare la costruzione di un edificio ancora non del tutto compiuto, quello della democrazia europea. È un tema indispensabile per evitare che il processo di integrazione sia considerato dai cittadini europei come causa di problemi piuttosto che come parte fondamentale per la loro soluzione. Da questo punto di vista, è ineludibile che chi ha a cuore il tema della democraticità delle decisioni in ambito di politiche economiche parta dal rafforzamento del metodo comunitario, quindi del ruolo del Parlamento europeo, senza escludere una riflessione su originali modalità organizzative all'interno del Parlamento europeo stesso e con un migliore coinvolgimento dei Parlamenti nazionali per garantirne il controllo democratico su decisioni relative alla zona euro.
Traduzione:
Ovviamente anche se la mia è vuota retorica, lo nego, e riaffermo che serve più Europa. E' indispensabile che i cittadini non percepiscano l'Europa come un problema, ma come una soluzione, quindi è necessario rimescolare le carte e inventare qualche nuovo trucco per far credere loro che con più Europa loro conteranno di più.
La crisi che colpisce l'Europa dal 2008 avrebbe travolto le nostre economie senza lo scudo dell'euro, ma ha anche mostrato i limiti dell'architettura istituzionale dell'Eurozona. Occorre avere fino in fondo questa duplice consapevolezza: tanto dell'indispensabilità dell'Unione economica e monetaria, quanto della sua incompletezza nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, quali il Meccanismo europeo di stabilità finanziaria e l'Unione bancaria.
Traduzione:
Anche se non si sa come sarebbe effettivamente andata, cominciamo col dire che senza l'euro sarebbe stato "pianto e stridore di denti"; probabilmente adesso saremmo tornati nelle caverne, per cui serve più Europa.
Se il quadro politico complessivo in Europa pone diversi ostacoli su quella via non possiamo però sottrarci alla responsabilità di un forte impegno per superarli. Non deve spaventare questa prospettiva, quanto in primo luogo stimolare a un maggior sforzo nell'informazione e nel dialogo con i cittadini.
Traduzione:
Nonostante la propaganda martellante, sempre più cittadini europei non sono entusiasti dell'Europa, ma questo non deve spaventarci, bensì indurci ad aumentare la propaganda.
Diverse volte in momenti di crisi, la Comunità prima e l'Unione poi ha saputo trovare motivazioni e slancio per ripensare il proprio funzionamento e per trovare soluzioni impreviste, ma coraggiose. Anche stavolta può essere così se saremo consapevoli che non esistono soluzioni facili per la definizione di una architettura istituzionale compiuta. Ma esistono battaglie politiche per le quali vale la pena spendersi a livello nazionale e a livello europeo. Ed esistono percorsi graduali e realistici, guidati da un comune senso di direzione, che puntino a superare diffidenze reciproche e resistenze di vario tipo.
Traduzione:
Far crescere il peso dell'eurocrazia non è stato sempre facile, ma finora ci siamo riusciti e, anche se non sarà facile, l'acquisizione di nuovi poteri è una battaglia politica che vale la pena combattere. Sarà il caso di pensare a percorsi graduali, dato che a forza di infinocchiare i cittadini europei la loro diffidenza è aumentata.
Volendo usare una formula, dopo il whatever it takes finanziario, occorrerebbe da parte delle Istituzioni comunitarie un whatever it takes politico. È ormai evidente infatti che l'unione monetaria, che ci fa da scudo rispetto a un mondo e a una economia sempre più globalizzati, per dare tutti i suoi frutti deve svilupparsi su due fronti: orientare le sue politiche verso la crescita economica e completare la costruzione di strumenti comuni di governo più efficaci e con maggiori garanzie di controllo democratico e di accountability.
Traduzione:
Se la BCE è disposta a fare qualsiasi manipolazione monetaria per cercare di tenere a galla un sistema gonfio di debiti impagabili, la politica non può starsene con le mani in mano. Da un lato deve smetterla di (far finta) di preoccuparsi di deficit e debiti eccessivi, dato che la BCE stampa euro a volontà monetizzando, sia pure indirettamente, quei debiti. Dall'altro deve arrivare a un'unione fiscale.
I quattro presidenti - di Commissione europea, Consiglio europeo, Bce ed Eurogruppo - presenteranno al Consiglio europeo di giugno un rapporto sul futuro della governance dell'Unione economica e monetaria. È auspicabile che il rapporto apra un più ampio dibattito su questo tema, solo all'apparenza di natura tecnica e riservato a cultori di temi istituzionali. E al di là della scadenza del Consiglio europeo di giugno si delinei una prospettiva più ampia. Il vero nodo politico è come costruire realisticamente quella prospettiva.
Traduzione:
I quattro presidenti diranno che serve più Europa. Sarà bene aprire un dibattito e far finta di voler coinvolgere anche chi subirà questi cambiamenti senza avere in realtà alcuna voce in capitolo. Il vero nodo politico è come convincere chi avrà da rimetterci.
Il rapporto dei quattro presidenti può essere una tappa importante per ribadire la necessità di profonde riforme in ciascuno Stato, e insieme per delineare un sistema di incentivi e sostegni; per proporre una capacità fiscale e di prestito autonoma per l'euro, che possa avviare politiche economiche anticicliche, e quindi sostenere attivamente l'economia (Unione di bilancio); per sottolineare che gli attuali squilibri interni all'Unione monetaria sono un rischio; per approfondire quanto può essere fatto a trattato vigente e con lo strumento delle cooperazioni rafforzate; per riprendere la riflessione sullo scenario dell'Unione politica; e soprattutto per avviare un rafforzamento della dimensione sociale e democratica della zona euro e dell'Ue nel suo complesso.
Traduzione:
L'ideale sarebbe convincere chi oggi è contrario ad andare verso un'unione dei trasferimenti a senso unico, in cui qualcuno paga sempre e qualcun altro incassa sempre. Meglio sarebbe con una tassazione su base europea e un debito messo in comune, in modo tale da poter aumentare il deficit senza problemi di divergenze nei rendimenti dei diversi titoli di Stato. I tedeschi devono convincersi che non possono continuare ad avere una bilancia commerciale in attivo per oltre 6 punti di Pil. Se poi, con tutte le apparenze democratiche del caso, si arrivasse a un'unione politica, tanto meglio.
Non è tempo per una vuota retorica, ma per completare la costruzione di un edificio ancora non del tutto compiuto, quello della democrazia europea. È un tema indispensabile per evitare che il processo di integrazione sia considerato dai cittadini europei come causa di problemi piuttosto che come parte fondamentale per la loro soluzione. Da questo punto di vista, è ineludibile che chi ha a cuore il tema della democraticità delle decisioni in ambito di politiche economiche parta dal rafforzamento del metodo comunitario, quindi del ruolo del Parlamento europeo, senza escludere una riflessione su originali modalità organizzative all'interno del Parlamento europeo stesso e con un migliore coinvolgimento dei Parlamenti nazionali per garantirne il controllo democratico su decisioni relative alla zona euro.
Traduzione:
Ovviamente anche se la mia è vuota retorica, lo nego, e riaffermo che serve più Europa. E' indispensabile che i cittadini non percepiscano l'Europa come un problema, ma come una soluzione, quindi è necessario rimescolare le carte e inventare qualche nuovo trucco per far credere loro che con più Europa loro conteranno di più.
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