Scorie - 1000, numero magico
"Ho le palle che mi girano a 1000 perché ci hanno derubato del referendum contro la legge Fornero, quella della Consulta è una sentenza politica, una sentenza infame."
(M. Salvini)
Così si sfogava il 20 gennaio scorso Matteo Salvini, dopo aver appreso che la Corte costituzionale aveva negato l'ammissibilità al referendum proposto dalla Lega contro la legge Fornero.
E forse quel "1000" è diventato un suo chiodo fisso, dato che di recente Salvini ha proposto una riforma del sistema pensionistico in base alla quale tutti percepirebbero un assegno mensile da 1000 euro per 14 mensilità. La somma si otterrebbe con un versamento annuo di 5000 euro, contribuendo per 40 anni. Chi attualmente versa di più potrebbe ridurre la contribuzione, aumentando così il reddito mensile corrente, che potrebbe peraltro destinare volontariamente a fondi pensione o altre forme di previdenza complementare.
Da un punto di vista finanziario la proposta non è priva di senso, dato che per generare una rendita mensile di 1000 euro per 14 mensilità versando 5000 annui per 40 anni sarebbe sufficiente un rendimento composto annuo dell'1.1 per cento (ho ipotizzato una vita attesa di 20 anni al pensionamento e non ho considerato la tassazione, che in un sistema statale è una stupida partita di giro).
Qualcuno probabilmente boccerà a priori l'idea tacciandola di semplicismo. Solitamente queste critiche vengono avanzate da coloro (per lo più alti burocrati) che sulla (inutile) complicazione delle cose hanno costruito e mantengono le loro posizioni di potere.
Semmai il problema principale è che non tutti versano almeno 5000 euro all'anno, per cui il problema di chi oggi percepisce una rendita pensionistica non coperta finanziariamente in misura parziale o totale (quindi a carico della cosiddetta fiscalità generale) rimarrebbe.
E ovviamente da un punto di vista prettamente libertario si resterebbe pur sempre ad avere a che fare con un sistema di stato sociale che, in quanto tale, è inevitabilmente caratterizzato da dirigismo statalista e da quote più o meno consistenti di redistribuzione (per esempio, appunto, per le cosiddette pensioni sociali assegnate a chi non ha versato contributi a sufficienza).
Se, quanto e come versare per ottenere una rendita pensionistica dovrebbero essere scelte lasciate a ogni individuo, che dovrebbe quindi avere la libertà di decidere, ovviamente assumendosi la piena responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni.
Dubito che Salvini o chiunque altro si candidi a governare (l'Italia) proporrà mai qualcosa del genere.
(M. Salvini)
Così si sfogava il 20 gennaio scorso Matteo Salvini, dopo aver appreso che la Corte costituzionale aveva negato l'ammissibilità al referendum proposto dalla Lega contro la legge Fornero.
E forse quel "1000" è diventato un suo chiodo fisso, dato che di recente Salvini ha proposto una riforma del sistema pensionistico in base alla quale tutti percepirebbero un assegno mensile da 1000 euro per 14 mensilità. La somma si otterrebbe con un versamento annuo di 5000 euro, contribuendo per 40 anni. Chi attualmente versa di più potrebbe ridurre la contribuzione, aumentando così il reddito mensile corrente, che potrebbe peraltro destinare volontariamente a fondi pensione o altre forme di previdenza complementare.
Da un punto di vista finanziario la proposta non è priva di senso, dato che per generare una rendita mensile di 1000 euro per 14 mensilità versando 5000 annui per 40 anni sarebbe sufficiente un rendimento composto annuo dell'1.1 per cento (ho ipotizzato una vita attesa di 20 anni al pensionamento e non ho considerato la tassazione, che in un sistema statale è una stupida partita di giro).
Qualcuno probabilmente boccerà a priori l'idea tacciandola di semplicismo. Solitamente queste critiche vengono avanzate da coloro (per lo più alti burocrati) che sulla (inutile) complicazione delle cose hanno costruito e mantengono le loro posizioni di potere.
Semmai il problema principale è che non tutti versano almeno 5000 euro all'anno, per cui il problema di chi oggi percepisce una rendita pensionistica non coperta finanziariamente in misura parziale o totale (quindi a carico della cosiddetta fiscalità generale) rimarrebbe.
E ovviamente da un punto di vista prettamente libertario si resterebbe pur sempre ad avere a che fare con un sistema di stato sociale che, in quanto tale, è inevitabilmente caratterizzato da dirigismo statalista e da quote più o meno consistenti di redistribuzione (per esempio, appunto, per le cosiddette pensioni sociali assegnate a chi non ha versato contributi a sufficienza).
Se, quanto e come versare per ottenere una rendita pensionistica dovrebbero essere scelte lasciate a ogni individuo, che dovrebbe quindi avere la libertà di decidere, ovviamente assumendosi la piena responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni.
Dubito che Salvini o chiunque altro si candidi a governare (l'Italia) proporrà mai qualcosa del genere.
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