Scorie - The (bad) conscience of a liberal (38)

"Ricorderete che più di dieci anni fa Ben Bernanke sostenne che l'impennata del deficit commerciale statunitense non era il prodotto di fattori interni, bensì di una "global saving glut", che potremmo chiamare una "bolla globale di risparmio": in pratica, una sovrabbondanza di risparmi sugli investimenti in Cina e in altre nazioni in via di sviluppo, trainata in parte dalle reazioni politiche alla crisi asiatica degli anni Novanta che stava arrivando negli Stati Uniti alla ricerca di profitti. Bernanke si preoccupò un poco per il fatto che l'afflusso di capitali non era convogliato in investimenti alle imprese, bensì nel settore immobiliare. Ovviamente, avrebbe dovuto preoccuparsi molto di più (come fecero alcuni di noi)."
(P. Krugman)

In questi giorni di sconquassi che dai mercati azionari cinesi si propagano in giro per il mondo, i mezzi di informazione abbondano di analisi dedicate alla questione. Ovviamente non poteva mancare quella di Paul Krugman, che, come molti economisti keynesiani, spiega la situazione attuale come conseguenza di un eccesso di risparmio. In sostanza, le famiglie, le imprese e perfino gli Stati stanno risparmiando troppo a scapito di consumi e investimenti.

Ben Bernanke parlava a tale proposito di "saving glut", e non aveva neppure il sospetto (o, presumibilmente, aveva convenienza a dimostrare di non avere il sospetto) che in tutto ciò la politica monetaria delle principali banche centrali, a cominciare proprio dalla Fed della quale fu membro del FOMC e poi presidente, avesse serie responsabilità.

Krugman arriva perfino a sostenere che, a proposito dell'andamento dei prezzi del settore immobiliare,  Bernanke "avrebbe dovuto preoccuparsi molto di più (come fecero alcuni di noi)". Ma nel 2002 era stato proprio Krugman a suggerire alla Fed di "curare" i postumi dello scoppio della bolla della "new economy" con una politica monetaria che creasse una bolla immobiliare.

Ciò detto, Krugman fornisce le (sue) spiegazioni a questa presunta sovrabbondanza globale di risparmio.

"Che cosa provoca questa sovrabbondanza globale? Probabilmente, un mix di fattori diversi. La crescita della popolazione sta rallentando in tutto il mondo, e malgrado tutto il gran parlare di tecnologia non sembra proprio che essa stia creando una produttività in eccedenza o una grossa domanda di investimenti delle imprese. L'ideologia dell'austerità, che ha portato a una debolezza della spesa pubblica senza precedenti, ha aggravato ancor più il problema. E per finire, la bassa inflazione in tutto il mondo - che significa bassi tassi di interesse anche quando le economie sono in piena espansione - ha ridotto al minimo i margini per tagliare i tassi quando le economie subiscono un crollo rapido e improvviso."

A parte il fattore demografico, Krugman descrive un mondo gravato da austerità e spesa pubblica in calo, affermazione che, peraltro, si scontra con i dati ufficiali. Tra i 182 Paesi monitorati dal FMI, solo il 28% ha ridotto la spesa pubblica in rapporto al Pil dal 2008 a oggi. Se si restringe l'analisi ai Paesi del G20, la percentuale scende al 21%. Ciò significa che nella gran parte dei Paesi la spesa pubblica non è affatto in calo.

Quanto alla bassa inflazione, Krugman si limita a valutare l'andamento degli indici dei prezzi al consumo, come se fossero gli unici prezzi esistenti e senza considerare che anche tali indici avrebbero avuto un andamento diverso in assenza di politiche monetarie espansive.

Ma che dire dei prezzi delle attività reali e finanziarie? Crede Krugman che la politica monetaria non abbia nulla a che fare col le bolle, compresa quella che si sta sgonfiando in Cina?

Il problema è che il concetto di "saving glut" è, a mio parere, del tutto fuorviante, confondendo grandezze nominali con quelle reali. Che in giro per il mondo ci sia una enorme quantità di denaro nessuno lo discute, ma trattandosi di denaro fiat, la politica monetaria espansiva è il motore primario dell'aumento del denaro in circolazione. Ed è anche il motore primario di quell'espansione del credito a basso costo che genera grappoli di investimenti errati che, ex post, si rivelano fallimentari.

La Fed ha mantenuto quasi sempre una politica monetaria espansiva negli ultimi vent'anni, e ciò ha avuto ripercussioni globali, soprattutto in quei Paesi che avevano ancorato più o meno esplicitamente le loro monete al dollaro. Tra i quali la Cina, che ha continuato a esportare negli Stati Uniti, venendo pagata in dollari e stampando poi grandi quantità di yuan per evitarne una rivalutazione più veloce di quella gradita al patito comunista. Il tutto reinvestendo i dollari in titoli statunitensi, per lo più emessi dal Tesoro, e mantenendo così schiacciati i rendimenti.

E ogni volta che il mercato cerca di correggere le distorsioni provocate dagli interventi monetari, in risposta alle correzioni vengono invocati ulteriori interventi monetari, addirittura in dosi maggiori a quelle precedenti. Magari parlando, del tutto a sproposito, di eccesso di risparmio, che sarebbe addirittura causato da (una immaginaria) austerità. Parola di premio Nobel.


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