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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

Scorie - Le fake news per giustificare lo Stato imprenditore

Mariana Mazzucato, Professor in the Economics of Innovation and Public Value all'University College London, è solitamente osannata dalla stampa italiana per la sua idea di dare un ruolo maggiore allo Stato nell'economia. Mai nessuno dei suoi interlocutori (per lo più giornalisti) che le faccia notare cosa è successo in Italia con lo Stato imprenditore. Men che meno le si fa notare che alcune sue affermazioni non hanno riscontro nei fatti storici. Secondo Mazzucato, " in generale nel dibattito pubblico italiano, credo che sia sottovalutato, se non trascurato, il ruolo dello Stato. Penso che, nel caso dell'Italia, questo sia anche in contraddizione con la nostra Storia. L'Italia ha avuto l'Iri. Nella sua prima fase, l'Iri era pubblica ma indipendente dal sistema politico e ha modernizzato il Paese. La sua classe dirigente era composta da manager competenti, efficienti e lungimiranti. Non bisogna essere schiacciati sull'ultima fase

Scorie - Il contrario

Apprendo da un articolo di Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera che l'Agenzia delle Entrate si appresta a comunicare ai cosiddetti contribuenti come vengono spesi i soldi derivanti dalla tassazione. " A partire dalla prossima primavera l'Agenzia delle Entrate aggiungerà un foglio a buona parte delle sue comunicazioni. Su quel foglio ci sarà scritto quanto il singolo contribuente ha pagato al Fisco l'anno precedente. E, soprattutto, comparirà una tabella per spiegare come quei soldi, i suoi soldi, sono stati utilizzati dallo Stato ." Premesso che dubito che il calcolo di quanto uno ha pagato possa andare oltre le imposte sui redditi, perdendo per strada per esempio IVA e accise sui consumi che sono pagate anche dai cosiddetti evasori totali, trovo abbastanza ridicolo lo scopo dell'iniziativa. " L'idea è portare alla luce del sole un filo che non sempre è visibile e che a volte non si vuole nemmeno vedere: quell

Scorie - Nuovo debito, per nulla smart

Tra i vari motivi per cui sono libertario, vi è la mia avversità a essere sottoposto alla volontà di altre persone, ancorché in maggioranza relativa, nell'ambito di comunità alle quali la mia partecipazione non sia volontaria. Allo stesso tempo, io stesso non vorrei imporre il mio punto di vista a nessun altro, se non nell'ambito di comunità volontarie e rispettando regole condivise. Gli Stati cosiddetti democratici, secondo i loro sostenitori, sono basati su una sorta di contratto sociale che in realtà non esiste, dato che manca il presupposto dell'adesione volontaria da parte di una quantità più o meno elevata di individui. L'ho presa un po' larga per arrivare a dire, in estrema sintesi, che non voglio far parte di una supposta maggioranza che nell'ambito di uno Stato decide di imporre o vietare determinate cose a tutti (fatto salvo il principio di non aggressione), men che meno trovarmi in minoranza. Circostanza, quest'ul

Scorie - I conti (che non tornano) di SIlvio (2/2)

Silvio Berlusconi si presentò alle elezioni politiche del 1994 promettendo agli italiani una rivoluzione liberale. Promessa poi reiterata a ogni competizione elettorale alla quale ha preso parte. Nonostante gli oltre otto anni al governo, di rivoluzione liberale non si è vista traccia. A partire dalla riduzione delle tasse. La riduzione delle tasse è sempre auspicabile, a maggior ragione quando si parte dai livelli di pressione fiscale reale come quello che c'è in Italia da tanti anni. Nessuna riduzione fiscale può però essere permanente se non si contiene al tempo stesso la spesa pubblica. E questo è tanto più valido quanto più alto è il debito pubblico al punto di partenza. Quindi la questione di fondo, in un Paese come l'Italia, è ridurre non solo il peso delle tasse, ma il peso dello Stato, ossia, semplificando, tasse e spesa pubblica. Prese insieme, in Italia tasse e spesa pubblica rappresentano il 95.7% del Pil. E' allora

Scorie - I conti (che non tornano) di SIlvio (1/2)

Silvio Berlusconi è la dimostrazione vivente della scarsa dimestichezza di molti italiani con il far di conto. Ecco cosa ha affermato in merito alla riduzione del rapporto tra debito e Pil. " L'esperienza insegna che debito pubblico e pressione fiscale crescono insieme, come hanno dimostrato i governi di sinistra in questi ultimi anni. L'unico modo per abbatterlo è un grande piano di privatizzazioni, per 5 punti percentuali circa, che insieme alla ripresa della crescita e all'avanzo primario nei conti pubblici determinato all'aumento del gettito, porterebbe a un rapporto debito/Pil vicino al 100% in cinque anni, con la relativa riduzione della spesa per interessi ." Ammesso che il " grande piano di privatizzazioni " sia realizzato, e l'esperienza storica dovrebbe indurre ad avere qualche dubbio, se si togliessero 5 punti di Pil al debito ne resterebbero pur sempre 27 per arrivare, in soli 5 anni, a un rapporto par