Scorie - Ci manca solo il rating sociale




Leonardo Becchetti, professore di Economia Politica all'Università di Roma Tor Vergata e tra gli autori dei (farneticanti) testi in materia di economia elaborati dalla CEI, propone di usare la leva fiscale per obiettivi "socialmente etici".

"Bisogna lavorare dal lato della domanda del consumatore, dello Stato e sulla fiscalità. Creando ad esempio un sistema di rating sociale, simile a quello dell'impronta di carbonio per l'inquinamento ambientale. Un esempio potrebbe essere l'acquisto di un prodotto al supermercato, dove un'indicazione precisa dei livelli di sfruttamento convincerebbe molti ad acquistare quello più socialmente etico. E lo Stato dovrebbe evitare di adottare la politica del massimo ribasso nelle gare d'appalto, ma esigere adeguatezza sociale e salariale dai fornitori; infine istituire una riforma dell'Iva che premia le filiere sostenibili con una tassazione al 10 per cento e punisce le altre, portandola al 30 per cento."

Se quello che Becchetti definisce "rating sociale" fosse adottato liberamente dalle imprese che producono e vendono beni, non ci sarebbe nulla da eccepire. Ogni consumatore sarebbe poi libero di scegliere quali prodotti acquistare.

Al contrario, l'obbligo di introdurre anche il "rating sociale" imporrebbe nuovi oneri che qualcuno dovrebbe pagare. Se la richiesta da parte dei consumatori di queste informazioni fosse significativa, le imprese offerenti sarebbero indotte a inserirle per via del processo concorrenziale. Per questo non servirebbe alcun obbligo.

Quanto alla "adeguatezza sociale e salariale dai fornitori" nelle gare d'appalto, si tratta di concetti abbastanza vaghi, che quando sono quantificati dal legislatore non portano generalmente nulla di buono, né per il pagatore finale (ossia il pagatore di tasse), né per i soggetti che si intende tutelare, che corrono il serio rischio di restare senza lavoro.

Peggio di tutto è però la sempreverde invocazione dell'utilizzo della leva fiscale per motivi etici (o supposti tali). Una aliquota agevolata e una penalizzante, oltre a essere inevitabilmente un esercizio arbitrario da parte di chi le fissa, generano altrettanto inevitabilmente un incentivo a rispettare la forma ma non la sostanza della cosiddetta sostenibilità.

E' sempre successo (si pensi al variegato mondo delle onlus e delle fondazioni) e sempre succederà con provvedimenti del genere.

Ma fanno tanto politicamente corretto e un vescovo che le appoggia, oltre ai partiti statalisti per lo più sinistrorsi, li si trova sempre.
 
 
 
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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