tag:blogger.com,1999:blog-52225972177465015782024-03-28T07:21:06.241+01:00ScoriePillole di libertàGushttp://www.blogger.com/profile/03583471264966460793noreply@blogger.comBlogger2210125tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-13629018280569791042024-03-28T07:20:00.001+01:002024-03-28T07:20:35.133+01:00Scorie - Gli schemi Ponzi previdenziali imploderanno, più o meno lentamente<div class="ydpc2e13a9cyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpc2e13a9cyiv4342017833"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpc2e13a9cyiv4342017833yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Come tutti i sistemi di previdenza sociale pubblici, anche quello statunitense è una sorta di schema Ponzi che si avvia all'implosione. E, come accade praticamente ovunque, le soluzioni proposte tanto da chi governa, quanto da chi è all'opposizione, consistono nel migliore dei casi nel calciare avanti il barattolo.</div><div><br></div><div>I democratici vorrebbero risolvere il problema dell'insolvenza della Social Security aumentando le tasse a chi guadagna più di 400mila dollari annui, mentre i repubblicani vorrebbero aumentare l'età pensionabile.</div><div><br></div><div>Il fatto è che entrambe le proposte non sarebbero risolutive, se non spinte a livelli da esproprio o innalzando l'età al punto da rendere l'accesso alla pensione una data non raggiungibile da una fetta non esigua di americani. </div><div><br></div><div>Per di più, si tratta di toccare gli interessi di chi vota, a scapito di coloro che ancora non votano e che, prima o poi, dovranno far fronte al fatto che il barattolo arriva contro un muro invalicabile (o, se preferite, cade in un precipizio).</div><div><br></div><div>Matthew Yglesias su Bloomberg Opinion suggerisce un mix delle due proposte, con il classico compromesso che entramne le parti possano "vendere" al loro elettorato. Propendendo, peraltro, più per la redistribuzione bideniana, con argomentazioni che vanno dal fatto che i più ricchi hanno assegni pensionistici più alti e inoltre vivono mediamente più a lungo.</div><div><br></div><div>Il fatto è che costoro hanno assegni più alti perché durante la loro vita hanno pagato più contributi al sistema. Quanto al fatto che vivano mediamente di più, è statisticamente vero, ma non dovrebbe essere di per sé un crimine.</div><div><br></div><div>Non esiste una soluzione indolore, in questo come in tutti gli altri schemi Ponzi previdenziali, perché è nella configurazione degli schemi stessi che ci sono i germi della sua implosione. L'aggravante degli schemi pubblici è che non sono ad adesione volontaria, bensì obbligatoria. Il che unisce la inevitabile fragilità dello schema alla violazione del principio di non aggressione nei confronti dei pagatori netti.</div><div><br></div><div>Si potrebbe ribattere che gli schemi Ponzi privati nascono con finalità truffaldine, mentre quelli previdenziali pubblici sono animati da buone intenzioni. Che però, come noto, lastricano le vie dell'inferno.</div><div><br></div><div>Si possono aumentare le tasse/contributi, si può alzare l'età pensionabile, fino a quando i versamenti saranno sostanzialmente a fondo perduto, perché saranno molto basse le probabilità di percepire i benefici. Una lenta implosione, nel migliore dei casi.</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-15863056152176411942024-03-27T07:52:00.001+01:002024-03-27T07:52:20.819+01:00Scorie - Il numero chiuso: un esempio dei fallimenti della pianificazione<div class="ydpb34e33ebyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpb34e33ebyiv4434265993"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpb34e33ebyiv4434265993yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Tra i contributi fondamentali alla scienza (non solo) economica contenuti nelle opere di Friedrich von Hayek vi sono quelli relativi alla conoscenza. Nessun individuo, o ristretto gruppo di individui, può essere onnisciente. Le conoscenze sono diffuse tra una moltitudine di individui, il che rende l'ordine di mercato, ossia le interazioni volontarie che conducono alla formazione di prezzi, superiore agli altri metodi per decidere l'allocazione delle risorse (anche prescindendo da giudizi etici). </div><div><br></div><div>In particolare, l'ordine di mercato risulta superiore alla pianificazione centralizzata. Quando Hayek scriveva su questo argomento sembrava che il socialismo potesse funzionare meglio del mercato, ma nei decenni successivi i fatti gli diedero ragione. Anche se questo non portò alla scomparsa della pianificazione centralizzata, bensì a una sua giustificazione con richiami (peraltro fuori luogo) a concetti discutibili come la "giustizia sociale". Tema di cui non intendo occuparmi in questa sede.</div><div><br></div><div>Ancora oggi uno dei Paesi più popolosi del pianeta, la Cina, è governato da un regime comunista, ed è interessante notare come il ritorno a una maggiore "presa" del partito su tutto ciò che fanno cittadini e imprese dopo tre decenni di parziale apertura a logiche di mercato stia facendo scappare gli investitori esteri.</div><div><br></div><div>Si noti che il Paese sperimenta un problema di invecchiamento della popolazione incombente come conseguenza di una delle politiche di pianificazione centralizzata praticata per decenni, ossia la politica del figlio unico.</div><div><br></div><div>Nel suo piccolo, in Italia un esempio di pianificazione centralizzata e delle sue conseguenza non intenzionali è rappresentato dal numero chiuso per l'iscrizione alle facoltà di medicina. Non che sia l'unico problema del servizio sanitario nazionale, ma di fatto ci si è trovati negli ultimi anni ad avere carenza di medici.</div><div><br></div><div>Adesso, però, i sindacati di categoria (che, va da sé, potrebbero non essere particolarmente oggettive nelle valutazioni), paventano nel prossimo decennio il passaggio a "<i>una sovrabbondanza di professionisti tale da dar vita a un "imbuto lavorativo" e ad un mercato sanitario con forza lavoro a basso costo e con potere contrattuale azzerato. Il trionfo del lavoro precarizzato, ma con retribuzioni e diritti molto più bassi di oggi"</i>. Così la pensa Anaao Assomed.</div><div><br></div><div>Non entro nel merito della valutazione del sindacato, ma il problema è che non dovrebbe mai essere esistito il numero chiuso stabilito per via legislativa. Questo vale per la professione medica come per i taxisti o qualsiasi altra categoria.</div><div><br></div><div>L'offerta dovrebbe essere ad accesso libero, ma non mi illudo che cambi la tendenza dei più a volere la concorrenza per i beni o servizi di cui sono consumatori e protezioni legislative per i beni e servizi di cui sono offerenti.</div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-92067726567663875632024-03-26T07:17:00.001+01:002024-03-26T07:17:14.341+01:00Scorie - Gli indiani non stavano meglio quando erano più socialisti<div class="ydp572569ebyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp572569ebyiv4413704262"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp572569ebyiv4413704262yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Il World Inequality Lab, di cui è condirettore l'economista (ma sarebbe meglio dire: ecomunista) Thomas Piketty, ha rilevato in un recente studio un aumento della disuguaglianza in India.</div><div><br></div><div>A partire da inizio anni 90, quando la politica indiana ha promosso (pur rimanendo piuttosto incrostata di socialismo) qualche forma di liberalizzazione dell'economia, è aumentata la quota di reddito del 10% più ricco della popolazione, raggiungendo il 57,7% del totale. Il tutto mentre circa 800 milioni di indiani sopravvivono grazie ai 5 chili di riso regalati mensilmente dallo Stato (ovviamente pagato dalle tasse anche dei ricchi di cui sopra).</div><div><br></div><div>E dire che ai (bei tempi?) del socialismo indiano, dopo l'indipendenza del 1947 e fino agli anni 80 del secolo scorso, le disuguaglianza si erano talmente ridotte che l'1% più ricco aveva appena il 6% del reddito complessivo.</div><div><br></div><div>Il che, però, non dovrebbe far altro che confermare che, se qualcosa può essere migliorato (e ciò può essere difficillmente dubitato), la strada da seguire non dovrebbe certo essere quella di un nuovo incremento del tasso di socialismo. Perché è pur vero che allora erano tutti più uguali, ma la media di Pil pro capite era sotto i 300 dollari, contro gli oltre (pur sempre pochi) 2500 attuali.</div><div><br></div><div>Tutto ciò non dovrebbe peraltro stupire, dato che non è nulla di dissimile da quanto sperimentato in tutti gli altri paradisi socialisti passati e (ahimè) presenti.</div><div><br></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-47874896864192583422024-03-25T07:12:00.001+01:002024-03-25T07:12:18.944+01:00Scorie - Fix It Again Taxpayer? (2)<div class="ydpca1f98acyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpca1f98acyiv9988786078"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpca1f98acyiv9988786078ydp220e0c42yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Se non fosse stato sufficientemente chiaro il messaggio di Stellantis al governo, l'amministratore delegato Carlos Tavares ha ribadito il concetto: se l'Italia vuole che il gruppo mantenga la produzione negli stabilimenti domestici, deve incentivare gli acquisti.</div><div><br></div><div>Tavares sostiene che l'Italia è un "<i>pilastro della crescita</i>" e snocciola gli investimenti a sud delle Alpi da 5 miliardi tra il 2019 e il 2022. Più quelli in corso e futuri per le produzioni di veicoli elettrici e relative batterie.</div><div><br></div><div>Sta di fatto, però, che l'utilizzo della capacità produttiva domestica è ai minimi, in particolare a Mirafiori. </div><div><br></div><div>Tavares parla in modo abbastanza chiaro:</div><div><br></div><div>"<i>Siamo molto consapevoli del fatto che nei paesi in cui abbiamo le nostre radici è sempre meglio essere in linea con quanto è richiesto dai rispettivi governi. Voglio ricordare, però, che le decisioni che stiamo prendendo sono una conseguenza delle scelte del Parlamento europeo. Questa è una delle ragioni per le quali abbiamo un dialogo davvero buono con le parti sociali in Italia. Loro capiscono che noi - dipendenti, sindacati e azienda - dobbiamo gestire una transizione che non abbiamo deciso noi. E la stiamo mettendo in atto</i>."</div><div><br></div><div>In sostanza, la transizione all'elettrico politicamente imposta ha dei costi, e se Stellantis andasse in difficoltà economica per adeguarsi a quella transizione, ne subirebbero le conseguenze i dipendenti e l'indotto.</div><div><br></div><div>Tavares sottolinea che "<i>l'Italia ha un problema, riscontrabile nella struttura del suo mercato: ha la quota di segmento B più grande, se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Questo ci dice che la questione dell'accessibilità è molto importante per le famiglie italiane</i>."</div><div><br></div><div>In sostanza, il mercato italiano è dominato dalle utilitarie, dove il gap tra i prezzi di un modello con motore endotermico e un dispositivo elettrico a quattro ruote è più consistente.</div><div><br></div><div>Quindi il nuovo avvertimento al governo: </div><div><br></div><div><i>"I sussidi necessari per l'acquisto da parte dei consumatori italiani di automobili elettriche che produciamo in Italia sono stati annunciati molte volte, ma non sono stati ancora implementati. In questo modo noi perdiamo l'occasione di produrre più Ev in Italia. Il Governo italiano dovrebbe aiutare i consumatori italiani perché le auto elettriche costano di più di quelle a combustione interna e il mercato italiano, per la sua specificità, va aiutato più di altri.</i>"</div><div><br></div><div>L'importante è ricordare sempre che quando il governo "aiuta" qualcuno, a pagare il conto sono i pagatori di tasse. Anche quelli che non comprano auto elettriche.</div><div><br></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-57489739081950685062024-03-22T07:27:00.001+01:002024-03-22T07:27:23.340+01:00Scorie - Solidarietà ed egoismo<div class="ydp64de7be9yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp64de7be9yiv7223483168"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp64de7be9yiv7223483168yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Nel conferire onoreficenze a cittadini che si sono distinti per atti di solidarietà, il presidente della Repubblica ha affermato che "<i>questi comportamenti aprono una prospettiva al futuro dell'Italia. È l'egoismo che crea povertà: invece la solidarietà è davvero quello che lega e fa crescere</i>."</div><div><br></div><div>Trovo lodevole ogni azione di solidarietà volontaria, ma trovo erronea l'affermazione che sia l'egoismo a creare povertà. Può non piacere, ma ogni azione umana è volta a soddisfare un bisogno dell'agente. Anche la solidarietà verso altri, quando volontaria, soddisfa un bisogno dell'agente. </div><div><br></div><div>Ma anche nel caso del macellaio o del birraio smithiani, il loro agire egoistico finisce in realtà per beneficiare altri. Ogni volta che si verifica una transazione di mercato, infatti, entrambe le parti ne traggono beneficio.</div><div><br></div><div>Affermare che l'egoismo generi povertà è quindi conseguenza del considerare l'economia un gioco a somma zero, dove i profitti di un agente devono comportare perdite per altri. Il che è tipico dell'impostazione socialista ed è erroneo, come la logica e la storia dovrebbero aver dimostrato da tempo.</div><div><br></div><div>Non all'inquilino del Quirinale, evidentemente. E purtroppo non solo a lui.</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-82272627804739984902024-03-21T07:29:00.001+01:002024-03-21T07:29:44.502+01:00Scorie - Nessuna garanzia è gratis<div class="ydp7c19c197yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp7c19c197yiv3384103053"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp7c19c197yiv3384103053yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>In Italia più un'idea è assurda, più è duratura. Si prenda, per esempio, l'idea, di matrice sindacale, di favorire l'investimento dei fondi pensione nella cosiddetta economia reale italiana, ponendo però una protezione pubblica ai rendimenti dei fondi stessi.</div><div><br></div><div>Da ultimo l'ha rilanciata Riccardo Realfonzo, presidente del fondo Cometa, ossia il fondo negoziale dei metalmeccanici.</div><div><br></div><div>Si tratterenne di un "<i>fondo di fondi, pubblico-privato, che raccolga risorse dai fondi pensione, con un vincolo di lungo periodo e con un meccanismo di protezione dei rendimenti, e investa direttamente in infrastrutture e piccole-medie aziende facendo leva sulle formule tradizionali della finanza alternativa, come private equity, private debt e venture capital</i>."</div><div><br></div><div>Secondo Realfozo sarebbe "<i>un modo pragmatico per superare le strozzature del mercato italiano, favorendo gli investimenti diretti dei fondi pensione nelle imprese e nelle infrastrutture italiane con una misura di politica economica che introduca uno strumento a protezione dei capitali investiti e non concorra a formare nuovo debito pubblico, rispettando la normativa europea in materia di aiuti di Stato</i>."</div><div><br></div><div>Il tutto perché si farebbe fare il lavoro di garante alla immancabile Cassa Depositi e Prestiti. Un modo (utilizzato peraltro anche in altri Paesi europei) per fare debito pubblico non classificandolo tale a livello contabile.</div><div><br></div><div>CDP, in sostanza, dovrebbe garantire che il rendimento sia al meno pari a una soglie minima, per esempio pari alla rivalutazione del TFR.</div><div><br></div><div>Non mi è del tutto chiaro il passaggio in cui Realfonzo dice che in caso "<i>di extrarendimenti rispetto alla rivalutazione del Tfr il fondo pubblico ne risulterebbe alimentato</i>."</div><div><br></div><div>Ma la sensazione è che si voglia, in ultima analisi, mettere un floor al rendimento per i fondi pensione, appunto pari alla rivalutazione del TFR. A quel punto per i fondi pensione l'investimento sarebbe una sorta di inflation linked con opzione per ottenere una rivalutazione superiore.</div><div><br></div><div>Ma chi sarebbe, in fin dei conti, a fornire la garanzia? Formalmente CDP, ma sostanzialmente i pagatori di tasse. </div><div><br></div><div>Perché, come per i pasti, nessuna garanzia è gratis.</div><div><br></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-88855114779709373772024-03-20T07:14:00.001+01:002024-03-20T07:14:13.158+01:00Scorie - I (falsi) difensori dell'economia di mercato<div class="ydp84378fc5yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp84378fc5yiv3957193316"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp84378fc5yiv3957193316ydp75dc1439yahoo-style-wrap"><div id="ydp84378fc5yiv3957193316ydp75dc1439yiv1345599087"><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp84378fc5yiv3957193316ydp75dc1439yiv1345599087yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Come è noto, in Cina il partito comunista controlla (o almeno ha l'obiettivo di controllare) sostanzialmente tutto ciò che fanno cittadini e imprese. Oltre a cercare di reperire più informazioni possibili su ciò che accade negli altri Paesi (attività svolta più o meno intensamente da tutti gli Stati). </div><div><br></div><div dir="ltr">Gli sviluppi tecnologici sono quindi funzionali (più che altrove) a rinsaldare il controllo "sociale". Di qui le crescenti preoccupazioni, soprattutto in Occidente, circa i dati su milioni di cittadini che, tramite social network cinesi, possono venire in possesso del PCC. Preoccupazioni che stanno sfociando in messe al bando o provvedimenti comunque restrittivi nei confronti, per esempio, di TikTok, che negli Stato Uniti si vorrebbe costringere a scegliere tra la messa al bando o la cessione a soggetti statunitensi. Non che i singoli cittadini in Occidente siano del tutto al riparo dalle "intrusioni" dei propri governi, peraltro.</div><div><br></div><div>Il tutto ha provocato, ovviamente, reazioni in Cina, con dichiarazioni formalmente ineccepibili, ancorché sostanzialmente surreali, che accusano gli USA di agire come "banditi", mentre "<i>dovrebbero rispettare i principi dell'economia di mercato e della concorrenza e smetterla di opprimere aziende straniere</i>".</div><div><br></div><div>Accuse che arrivano da un governo che ha sistematicamente tollerato (coordinato?) furti ed estorsioni di proprietà di aziende occidentali da decenni a questa parte, e che non pare proprio avere le credenziali migliori per ergersi a paladino dell'economia di mercato. </div><div>Ci sarebbe da ridere, se non fosse tutto abbastanza drammatico.</div></div><br><br></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-23074990538176925272024-03-19T07:14:00.001+01:002024-03-19T07:14:52.124+01:00Scorie - Il problema del valore attuale green<div class="ydp66c83b4ayahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp66c83b4ayiv6999991473"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp66c83b4ayiv6999991473yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Quando si parla di transizione green, di solito si assiste a una guerra di numeri. Gli ecotalebani non riescono a negare l'evidenza, ossia che prima di avere benefici si sostengono oneri non alla portata di tutte le tasche. Tuttavia portano a sostegno delle loro tesi degli studi inevitabilmente fatti da organismi non super partes, che non credo sia il modo migliore per tacciare di partigianeria chi la pensa diversamente.</div><div><br></div><div>Secondo Mark Gongloff, uno degli ecotalebani che scrivono su Bloomberg Opinion, l'associazione dei costruttori statunitensi starebbe facendo lobby per contrastare nuovi codici delle costruzioni green, sostenendo che la maggior spesa sarebbe attorno ai 20mila dollari per casa di nuova costruzione. Cifra ritenuta eccessiva in base a studi federali. I quali, però, possono risentire dell'orientamento delle amministrazioni in carica.</div><div><br></div><div>In ogni caso, "<i>case efficienti metterebbero soldi in tasca ai proprietari sotto forma di minori bollette energetiche e spese di manutenzione.</i>"</div><div><br></div><div>Non intendo entrare nella guerra dei numeri, non avendo le informazioni necessarie. C'è però un punto che dovrebbe essere chiaro. Per definizione, i maggiori costi, tanti o pochi che siano, si manifestano al momento della costruzione; i benefici si manifesteranno in un futuro più o meno lontano.</div><div><br></div><div>Questo comporta che il valore attuale dei benefici futuri tende a essere tanto più basso quanto più alto è il tasso di sconto. Chiaramente in un contesto di tassi molto bassi, come quello prevalente fino a un paio di anni fa, il valore attuale di flussi di cassa anche molto distanti nel tempo era poco inferiore al valore nominale. Oggi l'effetto attualizzazione è molto superiore, quindi il valore attuale è inferiore, a parità di altre condizioni.</div><div><br></div><div>Per di più, qualsiasi evento non certo dovrebbe essere scontato tenendo conto di un premio per la maggiore incertezza legata alla sua manifestazione futura. E, per quanto gli ecotalebani manifestino sicumera, non possono essere certi di quello che avverrà tra decenni.</div><div><br></div><div>Tutto questo corrobora l'impressione che il raffreddamento dell'entusiasmo per i business green sia almeno in parte spiegabile col fatto che si tratta di attività il cui valore attuale netto è positivo solo in un contesto di tassi di interesse molto bassi.</div><div><br></div><div>Potrebbe allora trattarsi di una sorta di green malinvestment, capaci di reggersi solo in un contesto di politica monetaria (ultra)espansiva.</div><div><br></div><div>D'altra parte, che si tratti di costruire case green o auto elettriche, la continua invocazione a concedere sussidi e finanziamenti a tassi inferiori a quelli di mercato, ovviamente a spese dei pagatori di tasse, non aiuta a contrastare questa ipotesi.</div><div><br></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-69288513524126478732024-03-18T07:12:00.001+01:002024-03-18T17:05:54.582+01:00Scorie - Non ci sono veri muscoli sotto il cofano<div class="ydpd7f4105ayahoo-style-wrap" style="font-family: "Helvetica Neue", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 16px;"><div id="ydpd7f4105ayiv4876674734"><div><div class="ydpd7f4105ayiv4876674734yahoo-style-wrap" style="font-family: "Helvetica Neue", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 16px;"><div dir="ltr"><div><div>A costo di semplificare un po' troppo, credo si possa dire che esistono due modi (agli antipodi) di vedere le automobili e la guida. C'è chi vede le prime come mezzi di trasporto (uno dei tanti) e la seconda come un'attività propedeutica al trasporto, che delegano volentieri ad altri. E c'è chi vede le prime come molto più che un mezzo di trasporto, apprezzandone le caratteristiche e i tratti in un certo senso artistici, e la seconda come uno dei piaceri della vita, soprattutto se si è al volante di certe auto.</div><div><br /></div><div>Disclaimer: faccio parte della seconda tribù, e sono convinto che definire "automobili" i dispositivi elettrici dotati di ruote che a livello politico si cerca di imporre in sostituzione delle automobili propriamente dette sia un esercizio di neolingua.</div><div><br /></div><div>E qui vorrei aprire una parentesi. I dispositivi elettrici su quattro ruote sono politicamente imposti in nome della lotta al cambiamento climatico, per ridurre (chi dice "azzerare" è ignorante o in malafede) le emissioni di CO2. Tuttavia, il marketing della maggior parte di quei dispositivi è basato sulle prestazioni, sia in termini di accelerazione, sia in termini di velocità massima. </div><div><br /></div><div>Ma per dotare i suddetti dispositivi di tali prestazioni occorre appesantire il pacco batterie, il che crea più consumi (e maggiori problemi di smaltimento futuri). Per di più, chi spremesse davvero in via continuativa il suo dispositivo a quattro ruote ne ridurrebbe inevitabilmente la durata delle batterie.</div><div><br /></div><div>Se l'obiettivo è il bene del pianeta, questi dispositivi dovrebbero puntare a minimizzare i consumi e non dovrebbero cercare di attirare clienti puntando su accelerazione e velocità. E gli stessi acquirenti, che spesso intendono anche segnalare la loro virtù green, dovrebbero essere i primi a non volere prestazioni da supercar.</div><div><br /></div><div>Ma si sa, non è raro trovare atteggiamenti incongruenti e ipocriti tra chi vuole segnalare la propria virtù. Basta andare a Davos in gennaio di ogni anno, per esempio...</div><div><br /></div><div>Chiusa parentesi.</div><div><br /></div><div>Ora, se già pare uso di neolingua definire automobili i dispositivi elettrici a quattro ruote, lo è in modo esponenziale definire "muscle car" le recenti versioni elettriche di quelle che furono le vere muscle car.</div><div><br /></div><div>Ossia automobili americane prodotte per lo più tra gli anni Sessanta e Settanta, con carrozzeria coupè, motori V8 a benzina con cilindrate robuste (nell'intorno dei 6mila cc), potenze generalmente (molto) superiori a 300 cavalli, trazione posteriore e trasmissione preferibilmente manuale.</div><div><br /></div><div>Quelle, insomma, che con un uso un po' "ignorante" facevano consumare gli pneumatici posteriori alla velocità della luce. </div><div><br /></div><div>Chi è stato ragazzo negli anni Ottanta non può dimenticare la Dodge Charger "Generale Lee" (denominazione che oggi sarebbe vietata perfino negli Stati Uniti, perché politicamente scorrettissima) dei cugini Duke nella serie Hazzard. Quella era una vera muscle car.</div><div><br /></div><div>Ebbene, oggi Stellantis (proprietaria del marchio) ne propone la versione elettrica, oltre a rendere a trazione integrale (e senza V8) la versione termica.</div><div><br /></div><div>Leggere l'articolo di Corrado Canali nelle pagine del sabato dedicate ai motori sul Sole 24 Ore riserva perle come questa:</div><div><br /></div><div>"<i>Dal punto di vista estetico la nuova Dodge Charger è permeata del DNA tipico delle muscle car a stelle e strisce ed è fedele al linguaggio formale dell'iconico modello, sia nel design esterno che negli interni dove le nuove Dodge presentano un ricco assortimento tecnologico, con un quadro strumenti da 16 pollici nella versione ScatPack e un display centrale da 12,3 pollici che offre la connettività digitale wireless per Android Auto ed Apple CarPlay.</i>"</div><div><br /></div><div>Posto che non credo che gli amanti delle muscle car siano attratti dalle dimensioni del display (che neppure avrebbe senso di esserci su una mucle car vera), effettivamente la nuova charger "<i>è fedele al linguaggio formale dell'iconico modello</i>". Ma la forma può essere ben diversa dalla sostanza, e in questo caso lo è.</div><div><br /></div><div>E sarà o no patetico "<i>il sistema Fratzonic che genera il sound rabbioso tipico delle muscle car</i>"?</div><div><br /></div><div>Come ha scritto (il grande) Eric Peters in un suo post dedicato al nuovo dispositivo a quattro ruote denominato Charger, "<i>Dodge si sta sforzando di offrire agli acquirenti ciò che non hanno mai chiesto: un dispositivo mascherato da auto ad alte prestazioni</i>."</div><div><br /></div><div>E lo fa, nota Peters, con la stessa pretesa che hanno le persone che biologicamente sono uomini (donne) di essere considerati donne (uomini).</div><div><br /></div><div>E' vero che le case automobilistiche (tranne quelle come Tesla o certi marchi cinesi nati full electric) stanno per lo più subendo la (folle) corsa all'elettrificazione. Ma questo non giustifica un uso così smodato della neolingua.</div></div><br /></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-61702785392767764172024-03-15T07:14:00.001+01:002024-03-15T07:14:44.036+01:00Scorie - Non è una Costituzione per vecchi (?)<div class="ydpe48889b3yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpe48889b3yiv5920552974"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpe48889b3yiv5920552974yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>La maggior parte degli articoli che danno conto di cosa fa e dice il presidente della Repubblica sono scritti come se l'oggetto del pezzo fosse una sorta di divinità. Qualsiasi cosa faccia o dica, per quanto banale, è esaltata come una manifestazione di illuminata saggezza.</div><div><br></div><div>Prendo, tra i tanti, l'articolo di Lina Palmerini sul Sole 24 Ore, che nel raccontare l'incontro di Sergio Mattarella con un manipoli di youtuber, esordisce così:</div><div><br></div><div>"<i>La curiosità si accende subito. Già aprendo il canale Youtube del Quirinale e vedendo Mattarella seduto accanto a Fabio Rovazzi. Una coppia insolita, messi al centro di una stanza e affiancati, ai due lati, da sei creator per parte. Un incontro con una missione certamente inedita pensando alla storia dei presidenti della Repubblica. «Rendere virale la Costituzione»</i>."</div><div><br></div><div>Qualcuno, in realtà, presumo che, per rimanere a una nota espressione che si usa nella capitale, potrebbe dire: esticazzi!</div><div><br></div><div>Lo scopo dell'incontro pare essere quello di spiegare ai giovani, con brevi video, l'attualità della Costituzione.</div><div><br></div><div>Una (entusiasta?) Palmerini scrive poi:</div><div><br></div><div>"<i>Ma, a un certo punto, è Rovazzi che sollecita Mattarella sul suo articolo preferito, il primo. E gli chiede perché. E qui la risposta dà tanti spunti. Intanto dice che l'ha scelto perché è riassuntivo, contiene – cioè – 5 elementi. «Una, Repubblica, democrazia, lavoro e sovranità popolare». E così li spiega. «Una, quindi l'Italia non è una somma di repubbliche o una federazione». Ecco, se ci sono stati momenti in cui questa unicità è stata messa in discussione, Mattarella chiarisce che l'intenzione dei costituenti non era quella. Poi, dice che metterebbe insieme «Repubblica e democratica» perché la Costituzione ha creato «un luogo di libertà ed eguaglianza anche sotto il profilo sociale ed economico e non solo organizzativo». Il quarto elemento è «lavoro, dunque una Repubblica fondata su un impegno comune non sul privilegio o sul lavoro altrui». Infine, la sovranità popolare, concetto – e slogan – di questi tempi molto usato dalla politica ma il capo dello Stato vuole richiamare un aspetto: «Il popolo a cui è attribuita deve esercitarla per consolidare e sviluppare la democrazia. Anche per questo spero che torni a crescere la partecipazione al voto nelle elezioni. Quello, più di ogni altro, è il momento in cui il cittadino diventa protagonista, ed esercita la sovranità»</i>."</div><div><br></div><div>Ora, non che ci si possa aspettare da un presidente della Repubblica che dica qualcosa di diverso, ma, pur sorvolando sulla sovranità al popolo, non pare proprio che l'Italia repubblicana abbia fin qui dato prova di non essere basata "sul privilegio o sul lavoro altrui", conasiderando la quantità di consumatori netti di tasse esistenti.</div><div><br></div><div>Mattarella, puntualizza Palmerini, aggiunge che la Costituzione "<i>è «giovane e duttile», capace cioè di adattarsi «anche in modo imprevedibile» ai cambiamenti. Dunque, non è un ferro vecchio da rottamare ma piuttosto un testo da conoscere per capirne l'aderenza anche con il mondo di oggi. «È estremamente giovane perché è stata fatta con tanta saggezza, le norme hanno un'elasticità. Quindi è materia per giovani più che per vecchi». E Rovazzi, parlando dell'art. 139, dice che si sancisce l'immutabilità della forma, quindi l'impossibilità di tornare alla monarchia. «La dimostrazione che siamo Repubblica è essere qui con il presidente».</i>"</div><div><br></div><div>Ecco, che la Costituzione sia giovane (è over 75) e sia materia più per giovani che per vecchi sono affermazioni palesemente in contrasto con la realtà fattuale, tanto che quegli stessi "creator" (qualunque cosa creino) non hanno accumulato follower e visualizzazioni (nonché euro) postando video sulla Costituzione. Il che è peraltro è così non solo in Italia. Ma tant'è. Alcune persone possono dire qualunque cosa, per quanto assurda, ed essere comunque considerati illuminanti. A prescindere. </div><div><br></div><div> </div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-29417331565394308112024-03-13T07:48:00.001+01:002024-03-13T07:48:44.839+01:00Scorie - Si regge in piedi un'ora, ecco il punto di forza<div class="ydpd0c17c99yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpd0c17c99yiv8241747837"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpd0c17c99yiv8241747837ydp2b607841yahoo-style-wrap"><div id="ydpd0c17c99yiv8241747837ydp2b607841yiv0965417813"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpd0c17c99yiv8241747837ydp2b607841yiv0965417813yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Salvo colpi di scena, il prossimo novembre gli elettori americani si troveranno a scegliere tra non votare, mettere la croce sui nomi di candidati indipendenti destinati a non vincere, oppure su quelli di Joe Biden o Donald Trump.</div><div><br></div><div>Il primo considerato non più tanto efficiente fisicamente e (soprattutto) mentalmente perfino dai propri elettori; il secondo considerato un pericolo per la democrazia in mezzo mondo, soprattutto nel Vecchio Continente.</div><div><br></div><div>Non entro nel merito dei giudizi sui due candidati, ma trovo alcuni articoli a sostegno più o meno esplicito nei confronti di Biden involontariamente ridicoli.</div><div><br></div><div>Per esempio nel consueto articolo domenicale sul Sole 24 Ore, Sergio Fabbrini scrive che nel discorso sullo "Stato dell'Unione" del 7 marzo, Biden ha demolito impietosamente le cose dette o fatte da Trump. Il tutto "<i>con una vigoria fisica e concettuale, parlando in piedi per più di un'ora e scherzando sulla sua età, che ha stupito molti.</i>"</div><div><br></div><div>E già il fatto che si arrivi a constatare con compiaciuto stupore che un candidato alla presidenza della prima potenza economica e (soprattutto) militare del pianeta sia in grado di reggersi in piedi per più di un'ora dovrebbe dirla tutta sulle alternative a disposizione degli elettori, se questa è considerata la migliore.</div><div><br></div><div>"<i>Biden ha discusso di molte cose, ma la sua ispirazione di fondo (a me sembra) è stata "rooseveltiana", cioè coerente con i principi del New Deal promossi dal presidente Franklin Delano Roosevelt (FDR) negli anni Trenta del secolo scorso</i>", scrive Fabbrini.</div><div><br></div><div>Il tutto per via della "<i>strategia di internazionalismo liberale</i>" e "<i>di redistribuzione della ricchezza, attraverso la politica fiscale, che ricorda il populismo economico degli anni Trenta.</i>"</div><div><br></div><div>Biden accusa Trump di aver favorito i ricchi e le grandi imprese, che però pare non se la siano passate male negli ultimi quattro anni. E lui stesos rivendica di avere "<i>sempre sostenuto e favorito le grandi corporations</i>."</div><div><br></div><div>Tra l'altro, mentre parla di aumentare le tasse a costoro, va ricordato che la perdita di potere d'acquisto degli ultimi anni è stata a carico per lo più dei meno abbienti, come sempre accade con l'inflazione.</div><div><br></div><div>E prima o poi verranno al pettine i nodi di una produzione di Pil drogata da una produzione multipla di debito federale. Cosa che gli entusiasti della Bidenomics o non vedono o non voglio no vedere. E non so cosa sia peggio.</div></div><br></div></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-56259540630020947932024-03-06T07:14:00.001+01:002024-03-06T07:14:09.266+01:00Scorie - La (non) soluzione ai danni da superbonus<div class="ydpd600fe4ayahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpd600fe4ayiv5337960167"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpd600fe4ayiv5337960167ydpbe81bc57yahoo-style-wrap"><div id="ydpd600fe4ayiv5337960167ydpbe81bc57yiv2767703993"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpd600fe4ayiv5337960167ydpbe81bc57yiv2767703993yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Le misure fiscali che incentivano o sussidiano questo o quell'intervento/investimento/acquisto comportano inevitabilmente una redistribuzione di ricchezza non derivante da un processo di scambi autenticamente di mercato.</div><div><br></div><div>Se poi, come nel caso del superbonus, lo Stato promette di restituire 110 euro ogni 100 spesi, si può stare certi che si creerà una bolla.</div><div><br></div><div>Molto spesso in questi ultimi mesi si è posto l'accento sui costi crescenti per il bilancio dello Stato (ossia, in ultima analisi, per i pagatori di tasse), nonché sulle frodi poste in essere per beneficiare del credito d'imposta a fronte di lavori fittizi.</div><div><br></div><div>Ma, come in ogni bolla, il superbonus ha anche gonfiato temporaneamente il numero di imprese variamente riconducibili all'edilizia, che poi sono andate scomparendo. </div><div><br></div><div>Secondo la presidente dell'associazione dei costruttori (ANCE), Federica Brancaccio, la soluzione era imporre che a "<i>eseguire lavori per il mercato privato con accesso ai bonus edilizi fossero imprese qualificate</i>".</div><div><br></div><div>Così facendo, però, si sarebbe creato ancor più un collo di bottiglia, con un forte eccesso di domanda sull'offerta. Capisco che chi rappresenta una categoria cerchi di tirare l'acqua al mulino dei propri associati, ma il conto per i pagatori di tasse avrebbe potuto essere (non poco) peggiore.</div><div><br></div><div>In realtà questi provvedimenti andrebbero evitati, e le tasse andrebbero ridotte senza approcci selettivi, finanziando il tutto con riduzioni strutturali di spesa.</div><div><br></div><div>Senza creare l'illusione che sia possibile creare una moltiplicazione di ricchezza tale da restituire a chi effettua una spesa una somma addirittura superiore alla spesa stessa. Una cosa che farebbe rivoltare nella tomba persino Keynes, che pure tentò di dare una veste scientifica a questa illusione vecchia come il mondo.</div><div><br></div></div></div></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-82192928329195514902024-03-05T07:12:00.001+01:002024-03-05T07:12:55.577+01:00Scorie - Non esiste il valore intrinseco<div class="ydp48afb6c5yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp48afb6c5yiv0872007683"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp48afb6c5yiv0872007683yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Sono ormai tre lustri che si assiste ogni volta che il prezzo di Bitcoin sale verso nuovi massimi si moltiplicano gli allarmi bolla, mentre quando le quotazioni scendono vertiginosamente i necrologi abbondano. In molti casi non si riconosce (per ignoranza o malafede) il grande tratto distintivo di questa criptovaluta rispetto alle altre, ossia che la quantità massima che potrà essere "minata" è endogenamente limitata dal suo protocollo. </div><div><br></div><div>Peraltro anche nel campo degli entusiasti credo che coloro che sanno cosa sia (o dovrebbe essere) una moneta siano una minoranza. Per lo più chi compra Bitcoin lo fa come lo farebbe con qualsiasi asset finanziario, ossia con lo scopo di ottenere un guadagno dalla salita del suo prezzo.</div><div><br></div><div>Non credo che finora Bitcoin possa essere definito moneta, dato che non possiede, tra tutte, la caratteristica principale per esserlo, ossia non è generalmente accettata come mezzo di scambio. </div><div><br></div><div>Ciò non preclude che potrà diventarlo in futuro, però. Circostanza invece del tutto esclusa a priori dai detrattori, che spesso mescolano argomenti corretti (come il fatto che non sia generalmente accettata come mezzo di scambio) ad altri discutibili. Per esempio che non ha valore intrinseco.</div><div><br></div><div>Lo pensa, tra gli altri, Donato Masciandaro, secondo il quale, Bitcoin, non essendo "<i>né un bene – come l'oro – né uno strumento finanziario – non ha un valore intrinseco. Vale zero. E' uno strumento molto utilizzato negli scambi? No, se si escludono quelli legati ad i traffici illeciti ed al riciclaggio dei capitali criminali. Mantiene il suo valore nel tempo? Assolutamente no, visto che il suo andamento assomiglia a quello di un vagone sulle montagne russe. Anche l'anonimato non è assoluto, ogni qualvolta si voglia trasformare Bitcoin nelle tradizionali monete di scambio</i>."</div><div><br></div><div>Il concetto di "valore intrinseco" è a mio parere fuorviante. Il valore è sempre soggettivo; l'unica cosa a essere oggettiva è il prezzo di una determinata transazione che riguarda quel bene. Da qui la tendenza, soprattutto nel caso di beni molto scambiati a un medesimo prezzo, a ritenere che quel prezzo rappresenti il suo valore intrinseco (oggettivo).</div><div><br></div><div>Il fatto è che quello che oggi è considerato un valore intrinseco positivo, un domani potrebbe diventare zero, per quanto le cicrostanze storiche e attuali portino a considerare l'evento improbabile.</div><div><br></div><div>Il richiamo al valore intrinseco è poi a maggior ragione insensato se si ritiene che abbia valore intrinseco diverso da zero il denaro fiat. E questo pare essere il pensiero di Masciandaro, secondo il quale, nel caso di una banconota, "<i>c'è la banca centrale europea che ne garantisce la distribuzione e l'affidabilità, ed il suo potere d'acquisto.</i>" </div><div><br></div><div>Soprattutto il potere d'acquisto...</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-35881710672476235542024-03-04T07:13:00.001+01:002024-03-04T07:13:24.038+01:00Scorie - Al netto degli interessi il debito sarebbe (forse) calato. E allora?<div class="ydp43b1d61ayahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp43b1d61ayiv1454492880"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp43b1d61ayiv1454492880yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Da anni Marco Fortis si esercita nel cercare di presentare i numeri della finanza pubblica italiana meno brutti di quello che sono, ritenendo che la percezione, soprattutto a nord delle Alpi, sia troppo negativa.</div><div><br></div><div>Devo dire che, soprattutto quando il paragone riguarda la Francia, in effetti l'evoluzione in termini relativi dell'ultimo decennio fa sembrare anche a me che gli OAT siano sopravvalutati rispetto ai BTP, ma tant'è.</div><div><br></div><div>Gli argomenti di Fortis, però, non sono particolarmente convincenti. Il più ricorrente, che lo accomuna a tanti altro commentatori a sud delle Alpi, riguarda la persistenza di avanzi primari, soprattutto fino alla pandemia.</div><div><br></div><div>Fortis ricorda che "<i>l'Italia il proprio debito pubblico l'ha visto esplodere negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. Poi, però, è diventata un Paese quasi-modello quanto a gestione delle finanze pubbliche, con un surplus primario del bilancio statale pressoché ininterrotto fino alla pandemia. E anche dal 2020 in poi, quando il bilancio primario è andato in rosso, il debito italiano è comunque quello cresciuto di meno in valore escludendo gli interessi, come abbiamo già avuto modo di documentare su queste colonne (Francia, il debito pubblico supera quello italiano di 244 miliardi di euro, 1° febbraio 2024).</i>"</div><div><br></div><div>Sottolinea poi che "<i>l'Italia è l'unica nazione tra i Paesi del G7, e anche rispetto ad un'altra grande economia dell'Eurozona come la Spagna, ad essere riuscita a ridurre il debito pubblico al netto della spesa per interessi negli ultimi 28 anni, secondo nostre elaborazioni sulle serie storiche della Commissione Europea. Si tratta di un dato praticamente sconosciuto, la cui acquisizione, sul piano concettuale e comunicazionale, è di fondamentale importanza sia per l'Italia sia per le stesse riflessioni sul futuro e le strategie dell'Europa. Infatti, la componente di debito pubblico non dipendente dagli interessi è diminuita in Italia di ben 317 miliardi di euro correnti dal 1996 al 2023, prendendo come riferimento il 1995, anno di partenza delle serie storiche della Commissione europea. Un dato che dovrebbe essere portato all'attenzione non solo di Bruxelles ma anche delle agenzie di rating e degli investitori. Nello stesso periodo, il debito al netto degli interessi della Germania, il Paese che dopo di noi ha fatto meglio, sia pure a grande distanza, è cresciuto di 95 miliardi. Mentre le altre maggiori economie avanzate hanno invece visto esplodere i loro debiti pubblici, sempre espressi in euro, anche depurando la componente degli interessi. Infatti, il debito pubblico, esclusi gli interessi della Spagna, è aumentato dal 1996 al 2023 di 570 miliardi, quello britannico di 889 miliardi, quello francese di 1.108 miliardi, quello giapponese di 3.638 miliardi e quello statunitense di 12.027 miliardi.</i>"</div><div><br></div><div>Questo spiegherebbe anche "<i>perché l'Italia, perlomeno fino al 2015, abbia avuto nei vent'anni precedenti una crescita economica molto più debole delle altre nazioni. Infatti, dovrebbe essere evidente il fatto che il nostro Paese, non facendo più debito pubblico al netto degli interessi, anzi riducendolo, in tal modo ha drasticamente ridotto l'immissione di risorse pubbliche nel suo sistema economico in termini di investimenti in capitale fisico e umano, oltre che in termini di sostegno ai redditi, mentre gli altri Paesi pompavano denaro a piene mani a spese dei contribuenti a supporto della loro crescita</i>."</div><div><br></div><div>Di qui la conclusione che "<i>il debito pubblico italiano non può essere preso come giustificazione da parte dei Paesi del Nord Europa ostili agli Eurobond. Questi ultimi costituiscono l'unica strategia possibile per una Europa che perde sempre più competitività ogni giorno, stretta nella morsa di due giganti come Cina e Stati Uniti.</i>"</div><div><br></div><div>Il problema è che gli interessi esistono e sono alti perché alto è il debito sui cui vanno pagati, e anche perché sostanzialmente nello stesso arco temporale preso in considerazione da Fortis l'Italia ha sperimentato un effetto palla di neve, con la crescita nominale del Pil inferiore al costo del debito, con conseguente tendenza endogena all'incremento del rapporto tra debito e Pil.</div><div><br></div><div dir="ltr">E non è neppure detto, non essendoci il controfatuale, che se l'Italia non avesse dovuto pagare interessi alti non avrebbe speso malamente quei soldi, anno Ottanta style. Perché va ricordato che non fu un ravvedimento dei governi a generare quello che ricorda Fortis (e ogni pagatore di tasse), bensì aver visto il default a un millimetro.</div><div><br></div><div>D'altra parte, se qualcuno chiede un prestito non ha molto senso aspettarsi che chi deve valutare se concederglielo e a quali condizioni farlo non tenga conto del debito già accumulato. Né non giova al richiedente sottolineare che, da un certo punto in poi, il debito è aumentato per via degli interessi, perché significa che è sostanzialmente uno zombie finanziario.</div><div><br></div><div>In definitiva, dubito che chi finora non ha voluto mettere in comune il debito con l'Italia cambierà idea sulla base dei dati esposti da Fortis.</div><div><br></div><div><br></div><div><br></div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-42844358785798102902024-03-01T07:27:00.001+01:002024-03-01T07:27:53.656+01:00Scorie - Ennesima variante dello stesso schema redistributivo<div class="ydp21642b9byahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp21642b9byiv3796683267"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp21642b9byiv3796683267yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Ho osservato già diverse volte in passato che in Italia sono numerose le persone che si esercitano nell'ideare meccanismi finanziari che promettono di risolvere senza sforzo, o alleviando di molto lo sforzo, i problemi di finanza pubblica nazionali o continentali.</div><div><br></div><div>Stefano Micossi (ri)propone ora l'idea di trasferire al MES i titoli di Stato accumulati dalla BCE nell'ambito del Quantitative easing, allo scopo di alleviare gli aggiustamenti necessari per rispettare le nuove regole del Patto di stabilità. Guarda caso l'Italia sarebbe tra i Paesi a dover fare gli aggiustamenti maggiori.</div><div><br></div><div>Micossi vorrebbe contrastare l'impatto deflattivo di tali aggiustamenti.</div><div><br></div><div>"<i>In un'area integrata che cresce mediamente ben al di sotto del 2 per cento, questo impegno alla deflazione può ben valere mezzo punto percentuale di Pil all'anno per vari anni a venire – una cosa senza senso economico che minaccia la stessa sostenibilità del processo di integrazione. Un prezzo elevato che l'Unione europea paga alla sfiducia generata tra i Paesi membri dall'elevato indebitamento pubblico di alcuni Paesi, prima tra tutti per la sua dimensione l'Italia. Sfiducia che si può vincere, se l'impegno a mantenere politiche di bilancio stabili – che il nuovo governo italiano sembra aver assunto in continuità con il governo Draghi – sarà confermato e reso irreversibile</i>."</div><div><br></div><div>Ora, mi pare appena il caso di sottolineare che in politica non c'è nulla di irreversibile, men che meno gli impegni a una condotta decente della finanza pubblica.</div><div><br></div><div>E quindi ecco la sua proposta che "<i>prevede di intervenire sui debiti governativi detenuti dalla Bce a seguito delle politiche di acquisto varate nel passato decennio per contrastare i rischi di deflazione, togliendoli di fatto dal mercato e trasferendoli al Mes. Il Mes emetterebbe sue obbligazioni per acquistare quei titoli a prezzo di mercato dalla Bce lungo un arco di tempo (almeno) decennale, per poi gestirne ordinatamente il rinnovo man mano che essi giungono a scadenza. Il ricorso allo schema sarebbe vincolato al mantenimento di politiche finanziarie stabili da parte dei Paesi membri. Le passività del Mes diventerebbero il titolo "sicuro" dell'Unione monetaria, dunque, la base indispensabile per costruire un mercato monetario e finanziario dell'euro aperto alle banche e agli investitori internazionali, come avviene per i titoli del tesoro americano sul mercato del dollaro. Il trasferimento al Mes aprirebbe spazi di bilancio corrispondenti ai Paesi membri, dato che quel debito non dovrebbe più essere restituito, pur restandone essi responsabili. La dimensione dell'operazione di sostituzione potrebbe salire nel tempo almeno fino a quel mezzo punto percentuale del Pil che rappresenta la sciagurata ipoteca sul futuro dell'Europa del nuovo Patto di stabilità, ma in effetti anche di più (fino al 2.5% del Pil?) – facendo del Mes l'agenzia europea di gestione del debito pubblico. Un effetto positivo non secondario di questo schema sarebbe quello di eliminare l'area di contatto troppo stretta, negli interventi della Bce, tra politica monetaria e le politiche fiscali dei Paesi membri– area di contatto resa esplicita dal nuovo meccanismo di stabilizzazione dei mercati dei titoli governativi di Paesi ad alto debito, che la Bce ha dovuto introdurre (nel luglio del 2022) quando la sua politica monetaria è divenuta restrittiva.</i>"</div><div><br></div><div>Supponiamo di procedere come indicato da Micossi. </div><div><br></div><div>In primo luogo, la BCE potrebbe riportare perdite vendendo a prezzi di mercato dei titoli acquistati quando i tassi di interesse erano (per effetto delle sue stesse politiche) molto più bassi di oggi. Questo comporterebbe, come minimo, un mancato introito per le banche centrali nazionali e, indirettamente, per gli Stati. Il che equivarrebbe, a parità di altre condizioni, a maggiore deficit. Cosa che peraltro in parte già avviene perché il margine di interesse della BCE è, oggi, negativo.</div><div><br></div><div>In secondo luogo, da dove verrebbe il denaro necessario a sottoscrivere le obbligazioni emesse dal MES per pagare la BCE? In assenza di monetizzazione indiretta, andrebbero in concorrenza con i titoli del Tesori nazionali, il che mi lascia supporre che non sarebbe quella la via prescelta. Il che finirebbe per distanziare solo formalmente la politica monetaria da quella fiscale, Altrimenti non ci sarebbero reali "spazi di bilancio corrispondenti ai Paesi membri".</div><div><br></div><div>Restarebbe poi il fatto che per Paesi che hanno un costo di emissione superiore a quello del MES, la proposta sarebbe teoricamente conveniente. Non certo per gli altri. Quindi, in ultima analisi, si arriva sempre a un tenetativo di redistribuzione tra Stati, che la Germania e i suoi satelliti respingono, mentre l'Italia continua (anche con proposte come questa) ad avanzare.</div><div><br></div><div>Nulla di nuovo, quindi. In fin dei conti, può cambiare la forma, ma la sostanza è sempre più o meno la stessa.</div><div><br></div><div> </div><div><br></div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-39155992187662176312024-02-28T07:15:00.000+01:002024-02-28T07:16:05.103+01:00Scorie - Pompe di calore spompate<div class="ydp8dca913eyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp8dca913eyiv2047587664"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp8dca913eyiv2047587664yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Pare sia in corso lo sgonfiamento di una sorta di bolla sulle pompe di calore a livello europeo, il che avrebbe indotto diverse imprese del settore a ridurre la manodopera e la produzione.</div><div><br></div><div>Così come in altri ambiti della cosiddetta transizione green, anche in questo caso i consumatori dimostrano di essere molto sensibili agli incentivi, il che significa due cose: in primo luogo, che la domanda non è genuina; in secondo luogo, che i sussidi sono a carico dei pagatori di tasse presenti e/o futuri.</div><div><br></div><div>Riflette mestamente Chris Bryant, una delle firme ecologiste di Bloomberg Opinion: </div><div><br></div><div>"<i>E' scioccante che gli sviluppatori di apparecchiature a basse emissioni debbano ridimensionare la produzione nel mezzo di un peggioramento della crisi climatica, e questo rappresenta un altro momento preoccupante della transizione energetica, che deve già far fronte a un calo della domanda di auto elettriche e alle difficoltà del settore eolico</i>."</div><div><br></div><div>Dopodiché invoca da parte dei governi una modifica della tassazione per penalizzare le caldaie a gas, come se già non si pagassero tasse. Ma tant'è. </div><div><br></div><div>Il punto di fondo è che le pompe di calore, oltre al costo notevolmente superiore di acquisto e installazione, hanno poi rese inferiori a basse temperature.</div><div><br></div><div>Con buona pace degli ecotalebani, sottoscrivo in pieno quanto dichiarato da Chris O'Shea, capo di Centrica Plc, che possiede British Gas: "<i>Ci sono troppe persone che dicono ai consumatori ciò che è bene per loro. Pompe di calore o caldaie, a noi non importa, importa solo cosa è giusto per il consumatore</i>."</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-7792710716391244822024-02-27T07:14:00.001+01:002024-02-27T07:14:21.588+01:00Scorie - La lunga gestazione del passaporto<div class="ydp578bf6e8yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp578bf6e8yiv1797203816"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp578bf6e8yiv1797203816yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Mentre il presidente della Repubblica ci teneva a far sapere di aver telefonicamente tirato le orecchie al ministro dell'Interno per via delle manganellate inferte dai poliziotti a studenti manifestanti per la Palestina, il Sole 24Ore dedicava (a mio parere meritoriamente) un paio di pagine a uno dei diversi segnali del fatto che l'Italia è un Paese in via di sottosviluppo: i tempi biblici necessari per l'emissione o il rinnovo del passaporto.</div><div><br></div><div>Un documento che in altri Paesi europei è ottenibile mediante procedimenti molto più snelli, spesso in tutto o in gran parte online, tra l'altro a costi inferiori ai 116 euro che servono a un cittadino italiano (e meno male che qualche anno fa è stata abolita l'imposta di bollo annuale, a onor del vero evasa dai più, ma altro balzello allucinante).</div><div><br></div><div>Il ministro Piantedosi cerca di difendere il poco difendibile, ricordando che il sistema di pagamento, che obbliga il richiedente a pagare 42,5 euro presso gli uffici postali e ulteriori 73,5 euro in tabaccheria a titolo di contributo amministrativo, "<i>è in via di superamento</i>", e che "<i>nel 2023 sono stati rilasciati 2,75 milioni di documenti, un milione in più rispetto a ciascun anno prepandemico</i>".</div><div><br></div><div>Perché il problema del dover passare per le Questure per ottenere il passaporto ha reso ancora più lungo un procedimento già anacronistico a seguito dei quasi due anni persi per i lockdown vari.</div><div><br></div><div>Per quanto mi riguarda rinnovai il passaporto nell'estate del 2020 e mi ci vollero meno di 3 settimane, ma in quel periodo si era in piena isteria da Covid, per cui quasi nessuno chiedeva l'emissione o il rinnovo del passaporto. All'epoca mi illudevo che l'isteria in questione sarebbe terminata per l'autunno, ossia il periodo in cui viaggio solitamente. Era ahimè una pia illusione, ma per lo meno non mi sono poi trovato, dal 2022 in poi, ad attendere mesi per rinnovare il documento.</div><div><br></div><div>Va da sé che, se tra un DPCM e l'altro in cui si rinchiudevano le persone e le si obbligava (se volevano lavorare ed entrare in locali o mezzi di trasporto pubblici) a iniettarsi un prodotto chiamato vaccino ma che, contrariamente a ciò che fino a quel momento corrispondeva alla definizione di vaccino, non evitava il contagio, si fosse ammodernato il procedimento per ottenere il passaporto, oggi non saremmo in questa situazione.</div><div><br></div><div>Ma in un Paese in via di sottosviluppo non si può pretendere troppo, evidentemente.</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-10315188198545961462024-02-26T07:09:00.001+01:002024-02-26T07:09:58.605+01:00Scorie - La sovranità del consumatore non è quella dei sovranisti<div class="ydpc78fdc08yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpc78fdc08yiv4753559871"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpc78fdc08yiv4753559871yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Una delle cose più demenziali del governo in carica credo sia la denominazione assegnata al ministero delle Risorse agricole, arricchita con "la sovranità alimentare".</div><div><br></div><div>Una cosa ben peggiore, a mio parere, del far fermare un treno per far scendere il ministro, che pure è stato un episodio discutibile.</div><div><br></div><div>Come è noto, il governo ha vietato la produzione e commercializzazione della carne sintetica, ma quella norma prevede anche la messa al bando di denominazioni che facciano riferimento alla carne per prodotti che sono a base vegetale (il cosiddetto "meat sounding").</div><div><br></div><div>Secondo il ministro Lollobrigida, "<i>non si comprende fino in fondo perché chi non vuole mangiare carne, pretenda di chiamare carne ciò che carne non è, traendo in inganno i consumatori meno avveduti.</i>"</div><div><br></div><div>Evidentemente prevale l'idea, ampiamente diffusa da chi chiede il voto a prescindere dall'etichetta (per restare in tema) con cui si presenta, che le persone siano incapaci di intendere e di volere e che, quindi, li si debba proteggere, perché potrebbero non capire che una "polpetta di ceci" o una "bistecca di soia" non contengano carne.</div><div><br></div><div>Il tutto con buona pace del senso del ridicolo e, soprattutto, della vera sovranità, che dovrebbe appartenere al consumatore.</div><div><br></div></div></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-57407173550591524892024-02-23T07:26:00.000+01:002024-02-23T07:27:05.149+01:00Scorie - Una difesa malriuscita della Bidenomics<div class="ydpf5ee33dbyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpf5ee33dbyiv5969706621"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpf5ee33dbyiv5969706621yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Gli economisti americani con chiare simpatie democratiche faticano ad accettare il fatto che i loro concittadini non siano ampiamente entusiasti dei risultati della cosiddetta Bidenomics. Il caposcuola è indubbiamente Paul Krugman, che generalmente si esercita in un esercizio di cherry picking sui dati accompagnato da accuse di mancata obiettività a coloro che, per l'appunto, non ritengono che tutto vada a gonfie vele.</div><div><br></div><div>Questi signori mi fanno venire in mente quei comunisti che, di fronte ai fallimenti (non solo economici) dei presunti paradisi del socialismo reale, reagivano dicendo che non si trattava di vero comunismo.</div><div><br></div><div>Da ultimo mi sono imbattuto in una difesa a spada tratta della BIdenomics da parte di Claudia Sahm, economista con un passato alla Federal Reserve, che ritiene che i rappresentanti dell'amministrazione Biden, a partire dalla segretaria al Tesoro Janet Yellen, "vendano" male e in modo troppo parziale i risultati raggiunti.</div><div><br></div><div>A suo parere, "<i>la Bidenomics merita maggior credito per averci fatto uscire dalla pandemia in un contesto migliore e con una prospettiva di maggior progresso. E' tempo di lottare per essa</i>."</div><div><br></div><div>Il fatto che molti americani si sentano impoveriti dall'inflazione sembra essere un'illusione ottica, perché "<i>il valore delle buste paga è aumentato del 22% da quando Biden è entrato in carica nel gennaio 2021, eccedendo l'incremento dei prezzi di quasi 5 punti percentuali</i>".</div><div><br></div><div>Peccato, e lei stessa lo deve ammettere, che il dato sia macro, quindi includa l'effetto dell'aumento delle persone occupate. Che probabilmente lei attribuisce ai provvedimenti della Bidenomics, ma va ricordato che la disoccupazione era fortemente aumentata in occasione della pandemia e quindi un effetto di recupero si sarebbe verificato in ogni caso.</div><div><br></div><div>Come che sia, "<i>più denaro significa che più americani riescono a soddisfare i propri bisogni, come dimostra la forza della spesa dei consumatori</i>."</div><div><br></div><div>Sarà, ma vista in quest'ottica è evidente che se i prezzi aumentano, la quantità di denaro spesa per consumi potrebbe aumentare anche a fronte di volumi in calo. E se ci sono molti americani che si sentono impoveriti, ho il sospetto che sperimentino qualcosa del genere.</div><div><br></div><div>La Bidenomics, comunque, secondo Sahm ha favorito la creazione di posti di lavoro, migliorato le infrastrutture e posto le basi per la transizione green.</div><div><br></div><div>Avrebbe anche abbattuto l'inflazione, contrariamente a quanto pensano i suoi concittadini. A riprova del fatto cita il prezzo della benzina, diminuito del 35% da metà 2022. Non credo che sia il miglior esempio possibile per attribuire a Biden dei meriti, dato che le dinamiche dei prezzi dell'energia non dipendono se non in parte de quanto fa un singolo governo. Per di più, il prezzo al gallone è comunque ancora più alto, oggi, rispetto a inizio 2021.</div><div><br></div><div>Per la precisione, il 20 gennaio 2021 il prezzo medio al gallone era di 2,68 dollari, mentre il 20 febbraio 2024 era 3,79 dollari, ossia il 41% in più.</div><div><br></div><div>Venendo al prezzo delle abitazioni, Sahm ammette che nel 2019 il prezzo medio di una casa era circa 4 volte il reddito annuo medio di una famiglia. Quel rapporto è salito a 4,6. Ma non c'è problema, perché "<i>l'Inflation Reduction Act fornisce sussidi per costruire case economiche</i>".</div><div><br></div><div>Ovviamente a forza di sussidiare questo e quello il debito federale aumenta e "<i>la Bidenomics è spesso accusata di contribuirvi in modo decisivo. Ma il debito in rapporto al Pil è diminuito di 4 punti percentuali durante l'amministrazione Biden. Il grande aumento del rapporto tra debito e Pil è avvenuto durante la pandemia prima che BIden entrasse in carica</i>".</div><div><br></div><div>Il che è vero, ma altrove il debito in rapporto al Pil è diminuito maggiormente e, soprattutto, non presenta una tendenza pressoché incontrollata alla crescita (lo sostiene il Congressional Budget Office; anche loro sono antibideniani?).</div><div><br></div><div>In definitiva, se Biden e Yellen dovessero usare gli argomenti suggeriti da Sahm, dubito che gli americani cambierebbero opinione sulla Bidenomics.</div><div><br></div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-15806642293901753822024-02-22T07:15:00.001+01:002024-02-22T07:15:18.750+01:00Scorie - Cosa reprimere<div class="ydp468a8a98yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp468a8a98yiv0644028831"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp468a8a98yiv0644028831yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>La fiammata dei prezzi al consumo che sta faticosamente rientrando (attenzione: diminuisce la velocità di crescita, ma i prezzi mediamente continuano ad aumentare) ha indotto Joe Biden e altri esponenti del partito democratico statunitense a inveire contro l'avidità delle imprese, che sarebbero le vere responsabili dell'accaduto.</div><div><br></div><div>Di recente hanno stigmatizzato la srinkflation, ossia il mantenimento dei prezzi allo stesso livello diminuendo la quantità di prodotto in una confezione, e la skimpflation, ossia il peggioramento del mix di ingredienti a parità di prodotto venduto a un determinato prezzo.</div><div><br></div><div>La senatrice Elizabeth Warren, ha cinguettato:</div><div><br></div><div>"<i>Meno Doritos nella tua borsa. Meno Oreo nella tua confezione. Meno carta igienica nel rotolo. Non lo stai immaginando: le grandi aziende ti stanno davvero facendo pagare la stessa cifra (a volte di più) per meno. Si chiama "shrinkflation" e dobbiamo reprimerla</i>."</div><div><br></div><div>Non ho idea di quale siano le conoscenze di base dell'economia di chi ascolta la senatrice e il presidente, ma alcune cose dovrebbero risultare evidenti.</div><div><br></div><div>In primo luogo, nessuno è obbligato a comprare un determinato prodotto offerto da una determinata azienda. Mi pare appena il caso di ricordare che, al contrario, lo Stato ha il potere di obbligare al pagamento delle tasse.</div><div><br></div><div>In secondo luogo, gli esempi fatti dalla senatrice Warren riguardano prodotti che non godono di condizioni di monopolio. Probabilmente c'è chi preferisce gli Oreo ed è disposto a pagare di più riepstto ad altri biscotti, ma questo significa che attribuisce agli Oreo un valore superiore. Ciò nondimeno, all'aumentare della differenza di prezzo è ragionevole che un numero crecente di persone acquisterebbero biscotti simili di altre marche e meno costosi.</div><div><br></div><div>In sostanza, il pricing power di quelle imprese non è illimitato. E non sono le imprese ad aver generato l'inflazione, bensì quelle stesse persone che hanno prodotto, assieme alla Federal Reserve, il più grande mix di politica monetaria e fiscale ultraespansiva della storia recente, anche una volta passata la pandemia.</div><div><br></div><div>Quelle sarebbero le cose da reprimere...</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-44230984532916142752024-02-21T07:40:00.001+01:002024-02-21T07:40:23.327+01:00Scorie - Che differenza c'è, in sostanza, tra politica industriale e clientelare?<div class="ydpfb9213c4yahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpfb9213c4yiv1075230545"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpfb9213c4yiv1075230545yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Alla fine arriverà l'amministrazione straordinaria anche per Acciaierie d'Italia, ossia l'ex Ilva. La situazione sarà quindi di una società operativa in amministrazione straordinaria, affittuaria di impianti dell'Ilva in amministrazione straordinaria a sua volta dal 2015.</div><div><br></div><div>Il Governo ha già accordato un "prestito ponte" di 320 milioni. Che con elevate probabilità non torneranno mai indietro, come dimostrano i vari prestiti ponte ad Alitalia.</div><div><br></div><div>Le intenzioni del Governo sono di trovare quanto prima un (nuovo) investitore, al posto di Arcelor Mittal, per riportare l'azienda in bonis. </div><div><br></div><div>Commentando la cronaca sul Sole 24 Ore, Paolo Bricco scrive:</div><div><br></div><div>"<i>Non esiste alcun dogma sulla natura pubblica o privata dell'impresa. E, nella natura anfibia del nostro capitalismo in cui pubblico e privato si sono costantemente mescolati, hanno fatto entrambi molto bene o molto male. Il punto è la rapidità di esecuzione su due fronti: il fronte tecno-industriale e il fronte organizzativo-commerciale. Nessuno può permettersi una amministrazione straordinaria lunga e lancinante. Per uscire dalla amministrazione straordinaria, però, e per tornare a essere una impresa viva e vegeta (e scalciante) servono due elementi: i soldi e le persone. I soldi dovranno essere molti. E, questo, nonostante i vincoli di bilancio imposti da una spesa pubblica del governo Meloni orientata a finanziare costruttori edili e agricoltori, poco propensa a determinare budget di spesa cospicui per le politiche industriali, ancora meno per sostenere le attività manifatturiere in crisi, se non con il doping della cassintegrazione. Per il governo Meloni, quindi, il dossier Ilva è fondamentale. Anche per mostrare una attitudine vera e non clientelare ai problemi economici. I soldi devono servire a evitare la bomba atomica dei crediti cancellati nell'indotto. E devono servire per dare la base di finanza di impresa e di attivazione del circolante che è una condizione preliminare alla riaccensione delle linee del credito bancario. Le persone contano anche più dei soldi. Per questa ragione bisogna affrontare il nodo principale: chi gestisce. Volete avere la prova se il governo Meloni ha capito o non ha capito l'entità della crisi dell'ex Ilva? Basterà scorrere tutti insieme i nomi dei commissari. Se ci saranno soltanto commercialisti milanesi o trevigiani e avvocati romani o baresi, vorrà dire che il governo Meloni non ha capito. Se ci sarà un manager della siderurgia italiana di provata esperienza e di conclamata reputazione, allora vorrà dire che ha capito.</i>"</div><div><br></div><div>Capisco che, scrivendo per il giornale edito da Confindustria, sia quasi scontato considerare clientelari i sussidi e incentivi che non rientrino nella "immacolata concezione" della politica industriale. Che però, non di rado, per i pagatori di tasse ha le stesse manifestazioni e conseguenze.</div><div><br></div><div>Perché cos'altro sarebbe, in contreto, "<i>la natura anfibia del nostro capitalismo in cui pubblico e privato si sono costantemente mescolati</i>"?</div><div><br></div><div>In ultima analisi, ogni volta che si usano i soldi (presenti o futuri) dei pagatori di tasse si sta favorendo qualcuno a spese di altri, senza che questi ultimi abbiano sostanzialmente voce in capitolo.</div><div><br></div><div>Perché, in fin dei conti, la vera differenza tra l'impresa pubblica e quella privata, è (o dovrebbe essere) che in quella privata tra soci, dipendenti, clienti e fornitori vi sono rapporti contrattuali che si suppone siano stati stipulati volontariamente, con ognuna delle parti che assume onori e oneri derivanti dai contratti medesimi. Al contrario, nel caso dell'impresa pubblica vi è una categoria di stakeholders (termine tornato molto in voga negli ultimi anni), i pagatori di tasse, che generalmente sopportano oneri senza avere voce in capitolo.</div><div><br></div><div>Non è una differenza di poco conto.</div><div><br></div><div><br></div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-7317771790992186442024-02-20T07:23:00.000+01:002024-02-20T07:24:01.761+01:00Scorie - Il vero lato preoccupante delle elezioni USA<div class="ydp340dd43eyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp340dd43eyiv5829208407"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp340dd43eyiv5829208407yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Nel lungo percorso di avvicinamento alle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo novembre, gran parte del dibattito sui mezzi di informazione sulle due sponde dell'Atlantico riguardano le caratteristiche personali dei due probabili contendenti, ossia l'uscente Joe Biden e il suo predecessore Donald Trump.</div><div><br></div><div>Il primo non più tanto lucido (per usare un generoso eufemismo); il secondo convinto di essere un grande negoziatore (meglio non chiedere un parere ai tanti creditori che non ha pagato regolarmente nella sua carriera da immobiliarista), alle prese con diverse beghe giudiziarie e abituato a cambiare idea con una certa facilità.</div><div><br></div><div>Molta meno attenzione è dedicata al continuo deterioramento del bilancio federale, che purtroppo credo continuerà a prescindere dal vincitore. Nel caso vincesse Biden, continuerebbe ad applicare una versione di keynesismo non troppo dissimile da quello italiano in stile anni Ottanta del secolo scorso, fatto di aumenti di spesa e qua e là inasprimenti fiscali mirati ma in ogni caso in feriori agli aumenti di spesa.</div><div><br></div><div>Nel caso vincesse Trump, ci sarebbe forse un minore incremento di spesa (certamente le voci prevalenti cambierebbero), ma anche minori pretese fiscali.</div><div><br></div><div>In sostanza, cambierebbe la composizione del deficit, ma dubito cambierebbe la traiettoria, che secondo il Congressional Budget Office poterebbe il debito nei prossimi 10 anni a superare il 130% del Pil. Cifra che esclude la quota detenuta da altre pubbliche amministrazioni, Federal Reserve in primis.</div><div><br></div><div>E se tutte le previsioni sono da prendere con le molle, qui va sottolineato che il CBO ipotizza che non vi sia neppure un breve periodo di recessione nel corso del decennio, e che i provvedimenti espansivi temporanei non siano rinnovati a scadenza.</div><div><br></div><div>Dal mio punto di vista, è anche dubbio che se i due contendenti fossero sostituiti da altri candidati il risultato cambierebbe dal punto di vista della finanza pubblica. E questo dovrebbe essere l'aspetto davvero preoccupante, pur senza voler sminuire le deficienze (in senso lato) dei due anziani contendenti.</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-5485610605293524602024-02-19T07:17:00.001+01:002024-02-19T07:17:59.259+01:00Scorie - (Ri)educazione a passo d'uomo (e a suon di multe)<div class="ydp125e86edyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp125e86edyiv9007403688"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp125e86edyiv9007403688yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Un ciclista ben allenato può viaggiare a velocità superiori a 30km orari anche per lunghi tratti. E non mi sto riferendo a tratti in discesa, dove per mantenere quella velocità occorre frenare.</div><div><br></div><div>Ciò nondimeno, i fautori delle "zone 30", come per esempio l'assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Marco Granelli, continuano a ripetere fino allo sfinimento che "<i>servono a cambiare i comportamenti, non a fare cassa</i>". Più o meno lo stesso mantra ripetuto dal sindaco di Bologna Matteo Lepore, Mr. Trenta per antonomasia. Uno signore che crede, probabilmente, di essere sindaco di Zermatt e non di Bologna. </div><div><br></div><div>Non manca poi l'osservazione che, dove sono introdotti limiti bassi e autovelox come funghi, si dimezza il numero di incidenti. Suppongo che se il limite fosse posto a 10km orari gli incidenti potrebbero scendere ulteriormente.</div><div><br></div><div>Ci sono però alcune cose che non convincono, almeno per quanto mi riguarda.</div><div><br></div><div>Per esempio, e lo dico senza mettere in discussione i numeri, bisognerebbe che il confronto non fosse fatto in termini assoluti, bensì tenendo conto del numero di veicoli in circolazione nei periodi di riferimento. Perché solo se quel numero fosse costante il confronto sarebbe pienamente sensato, a mio parere.</div><div><br></div><div>Per di più, lo stesso Granelli ricorda che, tra le cause di incidenti sulle strade urbane, "<i>la prima, che pesa per il 16%, è il mancato rispetto dei semafori e delle precedenze, ossia delle regole agli incroci. La seconda è rappresentata dalle distrazioni, come guardare il telefonino mentre si guida, che scatenano il 13% degli incidenti. La terza è la velocità, causa diretta nell'8-9% dei casi, ma fattore cruciale da aggredire, perché cambia l'esito degli incidenti rispetto alle vittime e ai feriti. Se faccio un tamponamento o investo qualcuno a 50 chilometri orari su dieci persone se ne salvano due; se vado a 30 se ne salvano nove. Ecco perché il primo aspetto su cui lavorare è la velocità: ha conseguenze più gravi sulle persone</i>."</div><div><br></div><div>Considerando che anche il mancato rispetto delle precedenze può essere frutto di distrazione, circa il 30% degli incidenti urbani potrebbe essere riconducibile ad automobilisti disattenti.</div><div><br></div><div>La velocità è quindi causa di incidente in meno di 10 casi su 100. Dubito che ridurre i limiti a 30km orari contribuisca a migliorare l'attenzione posta da chi guida. Semmai si potrebbe ipotizzare il contrario.</div><div><br></div><div>Anche l'affermazione secondo cui gli autovelox, spesso posti in punti non ben visibili se non all'ultimo istante, non servano per lo più per fare cassa, è poco credibile. Non s ispiegherebbe come mai, in tal caso, i bilanci preventivi dei comuni iscrivano entrate da multe come se fosse un obiettivo di vendita per un'azienda commerciale.</div><div><br></div><div>E lo dimostra ancora di più il fatto che la pericolosità di una determinata zona non è la stessa in tutte le condizioni meteo e, soprattutto, di traffico. Ma la multa scatta indiffetentemente a qualsiasi ora del giorno, anche se per quel tratto di strada a certe ore non passa praticamente nessuno.</div><div><br></div><div>In definitiva, sarebbe meglio che almeno ci fosse risparmiata la predica sui "cambiamenti di comportamenti", che è francamente indigeribile.</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-40790343355113750772024-02-16T07:21:00.001+01:002024-02-16T07:21:59.400+01:00Scorie - Un po' di pudore no?<div class="ydp2c0e1bbfyahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydp2c0e1bbfyiv2529420579"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydp2c0e1bbfyiv2529420579yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>L'Italia, non da oggi, non è un Paese per chi vorrebbe vedere accadere qualcosa non dico di libertario, ma per lo meno timidamente liberale.</div><div><br></div><div>Capita invece di leggere o ascoltare dichiarazioni che lasciano trasparire una totale assenza di senso del pudore da parte degli autori. Si prenda, per esempio, Stefano Patuanelli, uno dei (non molti peraltro) parlamentari del M5S che non lotta contro il congiuntivo.</div><div><br></div><div>Questo signore nella precedente legislatura è stato ministro dello Sviluppo economico nel governo Conte II e ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali nel governo Draghi.</div><div><br></div><div>Se c'è una cosa difficilmente contestabile è che il superbonus 110%, ma anche gli altri bonus con detrazioni fino al 90% hanno scassato ulteriormente i conti pubblici, con un costo che ormai supera i 130 miliardi.</div><div><br></div><div>Una eredità avvelenata che inevitabilmente restringe lo spazio di manovra per chiunque governi ora e nei prossimi anni. Eppure il M5S rivendica ancora oggi quel provvedimento, che cercava da un lato alimentava la illusione che si potesse creare ricchezza reale dal nulla, e dall'altro che si potesse creare moneta fiscale anche in questo caso senza nessun onere per i pagatori di tasse.</div><div><br></div><div>Date queste premesse, capita poi di sentire Patuanelli attribuire al governo in carica la responsabilità per il rallentamento della crescita del Pil e sostenere che "<i>se restiamo a galla è solo grazie ai fondi del Pnrr che questo governo nemmeno ha votato e che fino a qualche mese fa nemmeno voleva</i>."</div><div><br></div><div>Sì, perché l'altro cavallo di battaglia pentastellato è che Conte ha portato a casa 200 miliardi dall'Europa. E pazienza se circa due terzi sono a debito, ancorché a tassi inferiori a quelli dei titoli di Staato italiani.</div><div><br></div><div>Patuanelli accusa il governo di praticare una politica fiscale restrittiva, mentre occorre <i>"ridare quanto è stato tolto ai settori produttivi nelle due leggi di bilancio del governo Meloni, a partire dagli agricoltori. La mannaia che si è abbattuta sugli investimenti è chiara ed evidente sui numeri della crescita economica</i>."</div><div><br></div><div>Ovviamente non dice dove prendere i soldi, ma se la filosofia è la stessa del superbonus, si suppone che ogni euro di debito ne produrrebbe un multiplo in termini di Pil talmente elevato da fare imbarazzare perfino Keynes.</div><div><br></div><div>E questo, lo ripeto, è uno dei talenti del M5S...</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5222597217746501578.post-57929516603039185992024-02-15T07:12:00.001+01:002024-02-15T07:12:14.685+01:00Scorie - Il libro degli incubi della Cisl<div class="ydpf9d7d81byahoo-style-wrap" style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;"><div id="ydpf9d7d81byiv6070688344"><div><div style="font-family:Helvetica Neue, Helvetica, Arial, sans-serif;font-size:16px;" class="ydpf9d7d81byiv6070688344yahoo-style-wrap"><div dir="ltr"><div><div>Secondo il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, è necessario "<i>far crescere i salari e le pensioni falcidiati da anni di inflazione che ha fatto impennare prezzi e tariffe, rinnovando tutti i contratti, sostenere lo sviluppo, in tutte le aree del Paese ma soprattutto nel Sud, con maggiori investimenti pubblici e privati, redistribuire in maniera più equa la ricchezza, innovazione, qualità dei servizi.</i>"</div><div><br></div><div>Posto che gli investimenti privati non possono essere stabiliti per decreto, per quanto riguarda quelli pubblici, ammesso che se ne condivida la necessità (e io non sono favorevole allo Stato investitore), servono soldi. Così come ogni redistribuzione richiede in primo luogo che ciò che si intende redistribuire sia prodotto.</div><div><br></div><div>Sbarra sostiene anche la necessità di "<i>abbassare le tasse ma conservando la progressività del prelievo.</i>"</div><div><br></div><div>Oltre a "<i>costruire una pensione di garanzia per i giovani</i>" e, più in generale sul tema pensioni, "<i>introdurre forti dosi di flessibilità, inclusività, sostenibilità sociale</i>".</div><div><br></div><div>E avanti con "<i>investire molto di più su Sanità e Scuola, rafforzare il contrasto alla povertà e il sostegno alla non autosufficienza, far partire il cantiere della riforma del fisco spostando il carico da salari e pensioni alle grandi rendite finanziarie e immobiliari, senza pensare di svendere le nostre aziende pubbliche</i>".</div><div><br></div><div>E infine il vecchio cavallo di battaglia della Cisl, ossia la Mitbestimmung all'amatriciana, con "<i>il pieno riconoscimento del diritto dei lavoratori a partecipare da protagonisti alla vita, agli utili e alle decisioni d'impresa</i>."</div><div><br></div><div>A occhio e croce, ancorché Sbarra si guardi bene dall'includere qualche numero, anche approssimativo (pratica che sembra essere considerata volgare quando si intende fare un discorso di alto valore politico), per finanziare tutto ciò servirebbero centinaia di miliardi, quindi un appesantimento della tassazione sulle rendite finanziarie e immobiliari da vero inferno fiscale.</div><div><br></div><div>E credo che la definizione di "grande rendita" finirebbe per ricalcare quella di ricchezza in merito ai redditi, dove da tempo si considera benestante chi raggiunge 35mila euro di reddito lordo e (sfacciatamente) ricco chi passa i 50mila.</div><div><br></div><div>Tutto questo, che Sbarra intenderebbe chiamare "Accordo della Responsabilità", per qualcuno potrebbe essere semplicemente un libro dei sogni. Per me è un libro degli incubi.</div></div><br></div></div></div></div></div>MChttp://www.blogger.com/profile/00097637610797981233noreply@blogger.com0