Scorie - Scenari (im)probabili

Durante la sua carriera in Consob, Marcello Minenna è stato uno dei fautori dell'utilizzo degli scenari probabilistici nell'informativa da fornire agli investitori prima della sottoscrizione di un prodotto finanziario.

Non mi stupisce, quindi, che nel suo articolo domenicale sul Sole 24 Ore commenti (con soddisfazione) una recente sentenza della Corte di Cassazione in merito a un contenzioso tra un ente locale e una banca in materia di strumenti derivati.

Scrive Minenna:

"Lo scorso 12 maggio la Cassazione Civile ha pronunciato una sentenza storica in tema di contratti derivati stipulati tra banche e enti locali. Chiamata a decidere su un contenzioso tra la BNL e il Comune di Cattolica per tre interest rate swap conclusi tra il 2003 e il 2004, la Suprema Corte – nell'accogliere le ragioni del Comune – ha affermato che, fino al divieto subentrato nel 2013, gli enti potevano stipulare derivati solo in presenza dell'informativa sul valore di mercato (mark-to-market o MTM), gli scenari probabilistici e i costi occulti del contratto."

Secondo Minenna, "il valore di mercato, essendo una sintesi estrema (la media attualizzata) della distribuzione di probabilità dei possibili flussi di cassa futuri del derivato, non illustra adeguatamente la ripartizione delle alee tra i contraenti. Invece gli scenari rispondono a questo fabbisogno informativo perché mostrano la probabilità di guadagnare e di perdere a unitamente a una stima oggettiva dell'entità dei possibili guadagni e perdite. Non a caso da anni le banche utilizzano metodi probabilistici per decidere sull'assunzione e gestione dei rischi."

Infine, un auspicio:

"La pronuncia della Cassazione costituisce infine un importante spunto di riflessione per una migliore trasparenza sui rischi dei prodotti finanziari offerti agli investitori al dettaglio. Purtroppo negli ultimi anni l'Europa ha privilegiato scenari basati su dati storici che pretendono di estrapolare dal passato informazioni sul possibile andamento futuro dell'investimento. La speranza è che anche in quest'ambito si comprenda presto l'utilità degli scenari probabilistici. D'altronde chi non capirebbe l'elevata rischiosità di un'obbligazione che avesse, ad esempio, il 68% di probabilità di perdere metà del capitale e il 32% di probabilità di guadagnare appena il 10%? Una volta noti questi numeri la trasparenza è garantita. Per il resto caveat emptor."

Come ho avuto modo di osservare in altre occasioni, il problema principale degli scenari probabilistici consiste nel fatto che le probabilità che ognuno degli scenari ipotizzati si realizzi, per quanto determinate in modo tecnicamente non arbitrario, rischiano di ingenerare nell'investitore che non conosca la matematica sottostante un falso senso di affidamento nei numeri riportati nella scenaristica. 

Il tutto perché, in ultima analisi, neppure la predisposizione degli scenari probabilistici è esente dall'utilizzo di dati storici, quanto meno per determinare quale deviazione standard attribuire alle variabili che determinano il possibile andamento del prezzo dello strumento in questione.

Proprio perché il futuro non sarà mai esattamente come il passato, fare "previsioni" in finanza quantitativa richiede un grado di consapevolezza sui limiti della stessa che molti utilizzatori finali difficilmente hanno, non da ultimo perché i fautori degli scenari probabilistici non si curano di avvertirli, anche in buona fede, per non rendere ulteriormente complessa la spiegazione.

Con gli scenari probabilistici si può forse pensare che aumenti la trasparenza, ma mentre gli operatori professionali ne conoscono (o dovrebbero conoscerne) i limiti, quelli al dettaglio (ossia quelli che dovrebbero essere tutelati mediante l'utilizzo degli scenari probabilistici) rischiano di prendere comunque abbagli.

Perché, purtroppo o per fortuna, il futuro andamento di variabili che comprendono l'azione umana non è conoscibile ex ante, neanche in termini probabilistici.

In ultima analisi, gli investimenti finanziari sono caratterizzati da incertezza, che non è quantificabile in termini probabilistici come un evento rischioso (per esempio il lancio di una moneta o di un dado). E' la differenza tra quelle che Mises definiva "case probability" e "class probability". Andrebbe spiegato anche questo prima di decantare le virtù taumaturgiche degli scenari probabilistici.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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