Scorie - Sulla spesa in deficit non c'è peggior stupido di chi non vuole capire

Intervistato dal Corriere della Sera, il viceministro dell'Economia, Massimo Garavaglia, esprime dubbi sulla opportunità di una manovra correttiva, e in particolare dal lato della spesa, dato che le cose non stanno andando come aveva irrealisticamente previsto il governo solo pochi mesi fa.

"Se blocchi due miliardi di spesa pubblica, qui stiamo parlando essenzialmente di spesa dei ministeri, blocchi due miliardi di prodotto interno lordo. Vorrei che i professori mi spiegassero se questo ha un effetto positivo o negativo sul deficit."

Premesso che si tratterebbe in sostanza non già di tagliare una spesa, bensì di evitare un aumento di alcune voci di spesa, la questione può essere affrontata da due punti di vista.

Dal punto di vista prettamente libertario, ogni euro di spesa pubblica deve essere coperto da tasse presenti e/o future, quindi rende necessaria una violazione presente e/o futura del principio di non aggressione.

Dal punto di vista più strettamente economico, la spesa pubblica sostituisce all'utilizzo volontario di risorse da parte di chi le ha prodotte quello definito da chi governa. Trattandosi di soggetti non onniscienti, non vi è alcuna garanzia che tale impiego sia più produttivo. La storia parrebbe in genere dimostrare il contrario.

Se poi, come nel caso in questione, la spesa è finanziata in deficit, è necessario che il rendimento sia superiore al costo del debito aggiuntivo che tale spesa rende necessario. Nel caso dell'Italia questa condizione non si verifica praticamente mai, tanto per via del costo del debito, quanto perché le voci di spesa preferite sono quelle correnti.

In pratica, ogni euro di spesa che aumenta (per come è definito) il Pil ma che è finanziata in deficit, tende poi ad avere un valore attuale netto negativo, da cui deriva un tendenziale aumento del rapporto tra debito e Pil. Se così non fosse, l'Italia dovrebbe primeggiare non per debito pubblico, ma per Pil.

Certamente questo non verrà spiegato a Garavaglia dai professori di sua fiducia, per esempio i suoi colleghi di governo o partito.



 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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