Scorie - Predicatori marziani




Ha fatto un certo scalpore, anche se a me non ha stupito per nulla, la notizia che, in base ai sondaggi, la maggioranza dell'elettorato che si professa cattolico approvi la linea adottata da Matteo Salvini sul tema dell'immigrazione.
Scrive, per esempio, Giuseppe Lupo sul Sole 24 Ore:

"È il caso di fissare bene le premesse di partenza, ma se i dati reali dovessero confermare quanto è stato annunciato dai recenti sondaggi - e cioè che l'elettorato di area cattolica simpatizzi apertamente per la linea dura del ministro Salvini sul tema degli immigrati tanto da raddoppiare i consensi all'interno di quell'area - ci sarebbe da chiedersi quanto ancora riesca a influire la presenza di una Chiesa, ufficialmente schierata su posizioni contrarie, nelle scelte di un ipotetico ritorno alle urne."

Lupo se lo chiede, e, dopo una serie di ragionamenti, conclude che quella supposta maggioranza sta sbagliando e cadendo in contraddizione: "vivere le pratiche religiose, dedicarsi a una delle tante associazioni di volontariato per poi vestire i panni demagogici della paura che sfocia nell'accondiscendenza alla chiusura dei porti. Un fenomeno di questo tipo andrebbe a minare i caratteri di una nazione che ha fatto dell'accoglienza un principio riconosciuto nella propria carta morale, oltre che in quella costituzionale."

Concludendo, poi, così:

"Proprio intorno a quelle navi si gioca la partita del nostro sentirci cristiani: non solo Dio si traveste nei panni del migrante e del senza patria - è stato Cristo a raccontarcelo -, ma se avessimo più coraggio, se davvero fossimo convinti di ciò, andremmo a "inginocchiarci" ai piedi di costoro anziché tenerli in acque alla deriva o nelle gabbie dell'inciviltà e al termine del nostro operare finiremmo per ricevere dalle loro mani, paradossalmente, il battesimo di uomini."

Non affronterò in questa sede la questione dell'apertura o meno delle frontiere dal punto di vista libertario, avendolo peraltro fatto in altre occasioni. Mi limiterò a esprimere alcune considerazioni su quella che credo sia la distanza tra la realtà e le affermazioni di questi predicatori.

Ognuno può ovviamente pensare quello che vuole, ma credo che Lupo non abbia alcun contatto con la realtà della vita di tutti i giorni di quelle stesse persone che accusa di essere incoerenti perché non vivono come autentici missionari.

Posto che aiutare e accogliere il prossimo non dovrebbe significare obbligare altri a farlo (o a pagare il conto), mentre questo succede quando il bene lo si fa tramite l'intervento dello Stato, credo che Lupo non faccia un particolare sforzo per capire cosa possa determinare la "contraddizione" di cui parla.

Non so come e dove vive lui, anche se non mancano gli intellettuali che, a favore di telecamera o digitando sulla tastiera, corrono (anche metaforicamente) a "inginocchiarsi" all'arrivo dei barconi, salvo poi non avere alcuna altra forma di convivenza quotidiana con le persone che arrivano e che non sono tutte delinquenti, ma neppure tutte angeli.

Ma i frequentatori delle parrocchie (peraltro non di rado persone anziane) possono trovarsi a vivere in quartieri nei quali ormai sono loro a sentirsi stranieri, dove i furti e le aggressioni a opera di immigrati senza documenti né lavoro non sono disavventure infrequenti.

Situazioni che rendono la paura un sentimento a mio parere comprensibile e che spingono queste persone, che un giorno sì e l'altro pure si sentono additare come "cattivi" da intellettuali (sovente con tendenze sinistrorse) che non vivono contesti come quelli, perché sposano o non contestano la linea di Salvini.

Persone disprezzate, ma le cui donazioni (oltre alle tasse) contribuiscono a gestire la cosiddetta accoglienza (anche nel caso dell'intervento della CEI, come da ultimo episodio di cronaca), e a fornire un reddito a chi se ne occupa per lavoro (senza considerare i traffici criminali che infestano la medesima accoglienza e il percorso che la precede).

Prima di scagliare la prima pietra, sarebbe quindi opportuno chiedersi cosa abbia generato questo orientamento nell'elettorato cattolico.
 
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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