Scorie - Tria, la versione accademica delle scemenze pentastellate (2/2)




All'indomani delle critiche di Carlo Cottarelli ai proclami di Giovanni Tria, che sostiene sia possibile finanziare flat tax, reddito di cittadinanza e revisione della legge Fornero mediante investimenti pubblici in deficit, ecco un economista keynesiano arrivare in soccorso del ministro dell'Economia.

Secondo Jean-Paul Fitoussi, Tria dice "quello che dicono quasi tutti, il 95 per cento degli economisti più aperti. Sta cercando di attuare una buona economia politica."

Addirittura il 95 per cento della categoria. Numeri in totale libertà: pare che il moltiplicatore keynesiano moltiplichi anche i keynesiani, che peraltro non sono pochi.

"Dire che una politica espansiva e che gli investimenti pubblici non risolvono il problema, significa dire che il problema non si può risolvere."

Gli investimenti in deficit sono tasse future, come ogni spesa pubblica che non sia finanziata da tasse presenti. In un contesto in cui le tasse sono già elevate e il debito è altrettanto elevato (il che testimonia che la moltiplicazione dei pani e dei pesci via deficit spending in passato non ha funzionato a meraviglia), il rischio concreto è che le risorse da destinare al crescente pagamento di interessi sul debito siano superiori ai benefici che tali investimenti potrebbero (condizionale più che obbligato) produrre.

Fitoussi però sembra non preoccuparsi del debito.

"Un investimento ha un effetto moltiplicatore tanto più forte sul Pil quanto il tasso d'interesse e l'inflazione sono bassi. Inoltre, dopo un lungo periodo senza investimenti - né in infrastrutture, né in nuove tecnologie - la redditività si moltiplica. Oggi quindi le condizioni per una politica di investimento sono ideali."

A giudicare dall'andamento del premio per il rischio sui titoli di Stato italiani non si direbbe. Evidentemente non sono tutti "economisti aperti" quelli che operano in BTP.

Ed ecco il passaggio più assurdo.

"Cottarelli dimentica che quando l'Italia aveva una politica espansionista e investiva, fino alla metà degli anni Novanta, ha avuto una crescita alta, tra le migliori d'Europa. Bisogna smetterla di considerare gli italiani come degli incapaci. Questa politica non è stata applicata con successo soltanto dagli americani, ma anche in Cina e in Giappone. E ha sempre funzionato. E' stato calcolato che se i giapponesi non avessero investito durante la recessione, il loro Pil sarebbe risultato almeno del 10 per cento inferiore."

Qui se c'è qualcuno che dimentica qualcosa è Fitoussi. Dimentica l'accumulazione del debito pubblico in quel periodo magico che da oltre due decenni rappresenta un fardello sempre più pesante sui pagatori di tasse. E dimentica che anche negli altri esempi da lui citati il debito è cresciuto molto più del Pil, a dimostrazione del fatto che il moltiplicatore, anche qualora avesse effetti di breve termine si spinta del Pil, ne ha di più consistenti e duraturi sulla crescita del debito. Non a caso chi sostiene gli investimenti in deficit è anche a favore della monetizzazione più o meno integrale degli stessi.

Secondo Fitoussi, "è dal 1936 che nessuno ha paura di queste politiche! E' scientificamente accettato."

Il 1936 è l'anno di pubblicazione della "Teoria Generale" di Keynes. Oggi dovrebbe essere "scientificamente accettato" che non c'è da avere paura, ma semplicemente che si tratta di spazzatura economica.

Purtroppo non è questo il caso.
 
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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