Scorie - Il decalogo (degli imbecilli) della spesa pubblica




E'arrivata la bozza di contratto di governo che il M5S intende proporre ai due forni, quello leghista e quello democratico (nel senso del partito).

Presentato da Luigi Di Maio che sostiene di essere "emozionato e orgoglioso di presentare la prima stesura del contratto di governo con il quale vogliamo realizzare il cambiamento che gli italiani aspettano da tempo."

Ecco i dieci punti:

1) Costruire un futuro per i giovani e le famiglie

2) Contrastare efficacemente la povertà e la disoccupazione

3) Ridurre gli squilibri territoriali

4) Sicurezza e giustizia per tutti

5) Difendere e rafforzare il Servizio sanitario nazionale

6) Proteggere le imprese, incoraggiare l'innovazione

7) Per un nuovo rapporto tra cittadino e fisco

8) Un Paese da ricostruire: investire nelle infrastrutture

9) Proteggere dai rischi, salvaguardare l'ambiente

10) Per un'amministrazione efficiente e trasparente: tagli agli sprechi

Per ogni punto c'è una breve descrizione di cosa vorrebbe fare il M5S, senza indicare uno straccio di idea sui costi e, soprattutto, su dove reperire le risorse per finanziare un decalogo che è fatto per lo più di nuova spesa pubblica.

Dubito che i tagli agli sprechi del decimo punto, anche qualora si concretizzassero (in fondo, lo hanno sempre promesso tutti i governi), sarebbero sufficienti a coprire i costi degli altri nove.

Ora, il punto di vista libertario è indubbiamente minoritario, ed è contrario anche a diversi punti del decalogo pentastellato. Ma suppongo che tutti coloro che si sono presentati a chiedere voti alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo potrebbero concordare, in linea di principio, su quei punti programmatici.

Il fatto è che fare enunciazioni che prevedono di spendere soldi è alla portata di tutti. Se Maffeo Pantaleoni disse che "qualunque imbecille può inventare e imporre tasse", a maggior ragione lo stesso imbecille può inventare interventi che comportano spesa pubblica.

E dato che qualcuno il conto lo deve pagare, non mi meraviglierei se poi fosse imbecille anche nel senso pantaleoniano.

Sai che cambiamento…
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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