Scorie - Il tempo è galantuomo(?)




L'Istat ha pubblicato la prima stima sull'andamento del Pil nel secondo trimestre (+0.4% trimestrale e +1.5% rispetto a giugno 2016), e Matteo Renzi ha "sobriamente" commentato così la notizia:

"Il tempo è galantuomo: basta saper aspettare. Oggi i dati ISTAT dicono che la strategia di questi anni produce risultati. Flessibilità, non austerity. Giù le tasse a ceto medio e imprese che investono. Scommettere sulla crescita, non sul declino. I risultati arrivano, il tempo è davvero galantuomo. Oggi sarebbe facile domandarsi: chi aveva ragione ad alzare la voce in Europa e a combattere per la flessibilità? Sarebbe facile, ma non servirebbe a nulla. Il passato è passato, la realtà ha smentito i gufi, la verità non si cambia con le fake news."

Ciò che Renzi non dice è che l'Italia, nonostante la "flessibilità" (che sarebbe bene chiamare col proprio nome, ossia "maggiore deficit"), la soppressione del costo del debito dovuta al Qe della Bce e prezzi delle materie prime tutto sommato contenuti, continua a crescere ben meno della media europea (+0.6% trimestrale e +2.2% annuo).

E pazienza se Renzi, con il suo espediente retorico più utilizzato, dica sostanzialmente: "potrei dire che avevo ragione io, ma non lo faccio". Ovviamente facendolo. E ritirando in ballo perfino i "gufi", ricorrendo al linguaggio ornitologico dei giorni in cui era più tronfio e con le terga sullo scranno di palazzo Chigi.

Il vero problema è che Renzi (essendo peraltro in folta compagnia) è convinto che tramite più deficit si possano risolvere i problemi dell'Italia. Il suo "Tornare a Maastricht" ne è la prova evidente. Ma un deficit appena sotto il limite del 3% del Pil, cosa che peraltro non sarebbe desiderabile, non è neppure sostenibile se si inende ridurre (e non aumentare ulteriormente) il rapporto tra debito e Pil. Azzerando l'avanzo primario, e considerando che il costo del debito non dovrebbe scendere sotto il 3.8% del Pil (lo stesso governo stima questa cifra con orizzonte 2020, il che significa che non si tratta di un numero pessimistico), servirebbe una crescita nominale del Pil dello stesso livello solo per stabilizzare il rapporto tra debito e Pil. Un numero che appare poco credibile da raggiungere, a maggior ragione se le condizioni economiche internazionali dovessero peggiorare.

Effettivamente il tempo è galantuomo, e prima o poi sarà evidente che con manovre in deficit non si fa altro che andare a sbattere.

Peccato, però, che a pagarne le conseguenze non sarà il keynesiano di Rignano.


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