Scorie - Propongo un sequel vent'anni dopo: 2019 Ritorno allo Stato




I progetti di riforma fiscale ormai non si contano. Generalmente partono tutti con due obiettivi: semplicità ed efficienza, senza scalfire il dogma costituzionale della progressività.

La cosa non mi stupisce, ma devo dire che da un think tank che si autodefinisce liberale e si ispira a Bruno Leoni mi sarei aspettato una proposta meno deludente di quella che ho trovato sinteticamente descritta da Nicola Rossi sul Sole 24Ore del 25 giugno. Il quale, pure, definisce coraggiosa la proposta.

"Bisogna trovare il coraggio di cambiare, lasciandosi alle spalle una stagione di politica tributaria la cui cifra è l'assenza di un disegno o, più precisamente, il disinteresse verso un qualsivoglia disegno."

Ecco allora l'ennesimo progetto per arrivare a una imposizione fiscale ad aliquota unica.

"All'Istituto Bruno Leoni abbiamo elaborato una proposta di riforma così sintetizzabile: (1) una sola aliquota – pari al 25% - per tutte le principali imposte del nostro sistema tributario (Irpef, Ires, Iva, sostitutiva sui redditi da attività finanziarie); (2) abolizione dell'Irap e dell'Imu; (3) introduzione di un trasferimento monetario – il "minimo vitale" – differenziato geograficamente, indipendente dalla condizione professionale dei singoli ma non incondizionato e contestuale abolizione della vigente congerie di prestazioni assistenziali o prevalentemente assistenziali; (4) ridefinizione delle modalità di finanziamento di alcuni servizi pubblici (ed in particolare della sanità) mantenendo fermo il principio della gratuità del servizio per la gran parte dei cittadini ma imputandone, ai soli cittadini più abbienti, il costo (in termini assicurativi) e garantendo loro contestualmente il diritto di rivolgersi al mercato (opting out)."

In sintesi, un tentativo di semplificazione e una spruzzata, al punto 3, di friedmanismo. La progressività non viene messa minimamente in discussione: semplicemente cambiano i meccanismi (tramite deduzioni o integrazioni) per conseguirla.

Secondo i proponenti si otterrebbero contemporaneamente una riduzione della spesa pubblica e della pressione fiscale.

"Sotto il profilo delle grandezze macroeconomiche la proposta ridurrebbe significativamente tanto la pressione fiscale quanto il peso della spesa pubblica sul prodotto: riducendo ambedue di circa 4 punti percentuali a regime. Sotto il solo vincolo (imprescindibile) di effetti nulli sul bilancio dello Stato, sarebbe compatibile con interventi puntuali sul fronte della revisione della spesa di dimensioni praticabili e pari a regime all'1,6% del Pil (ridotti allo 0,6% del Pil nella fase iniziale del progetto la cui compiuta realizzazione sarebbe strettamente dipendente dai risultati dell'attività di revisione della spesa)."

Credo meriti attenzione il fatto che la riduzione della spesa opererebbe per lo più tramite la riduzione delle cosiddette tax expenditures, ossia detrazioni e incentivi vari. Questo può ridurre alcuni effetti distorsivi e semplificare il sistema fiscale, ma, di per sé, genera un aumento di tasse a carico di chi beneficia di quelle detrazioni.

Credo, quindi, che solo la riduzione di spesa vera e propria possa strutturalmente ridurre il peso dello Stato sull'economia.

E se le imposte dirette sarebbero nominalmente in calo, quelle indirette aumenterebbero, e non poco (soprattutto l'IVA).

Rossi assicura che il progetto non "implica un aumento della pressione fiscale oggi (come nel caso di alcune proposte relative al sedicente reddito di cittadinanza) o domani (come nel caso di alcune proposte sulla flat tax che si accompagnerebbero a un aumento dell'indebitamento) ma, al contrario, mira a ridurre significativamente tanto la pressione fiscale quanto il peso della spesa pubblica."

Ancora:

"Una ipotesi di lavoro il cui obbiettivo di fondo è quello di un sistema di imposte e benefici equo, trasparente, semplice e che, senza equivoci e diversamente da come si è fatto negli ultimi vent'anni (con risultati a dir poco deludenti), fa una scelta di campo: la vera riforma della pubblica amministrazione si fa solo attraverso il processo di revisione strategica (e non funzionale) della spesa. Domandandosi che cosa lo Stato debba produrre e come, e non limitandosi a chiedere che faccia un po' meglio quello che già fa."

Ecco, magari questa domanda ce la si dovrebbe porre all'inizio e, perché no, rispondere che lo Stato meno fa, meglio è. Ma mi rendo conto che questo sarebbe incompatibile con chi si candida a fare proposte generalmente definite "pragmatiche" e "costruttive". Magari finendo prima o poi a occupare qualche seggiola di consulente nel sottobosco ministeriale.

Per quanto mi riguarda, credo che Murray Rothbard abbia efficacemente demolito tanto il mito dell'imposta neutrale, quanto quello della flat tax (si vedano "The Mith of Neutral Taxation" e "The Case Against the Flat Tax", entrambi disponibili su mises.org).

Ovviamente Rothbard parte dal presupposto secondo cui la tassazione è un furto. Ho l'impressione che questo non sia lo stesso punto di partenza di chi lavora all'Istituto Bruono Leoni, nonostante il fondatore, in gioventù, si dicesse libertario.

Evidentemente si è reso conto che se si intende campare diffondendo idee, il libertarismo non paga. Peccato.


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