Scorie - Libero mercato o corporativismo?



"Negli ultimi 25 anni, in molti paesi, le regole dell'economia liberista sono state riscritte col risultato di rafforzare il potere del mercato e far esplodere la crisi della disuguaglianza. Molte corporation sono poi state particolarmente abili - più che in qualsiasi altro campo - nel godere di una rendita di posizione - vale a dire nel riuscire ad assicurarsi una porzione più grande di ricchezza nazionale, esercitando un potere monopolistico o ottenendo favori dai governi."
(J. Stiglitz)
 
Joseph Stiglitz, economista vincitore del premio Nobel nel 2001, è da sempre un idolo dei sinistrorsi di ogni dove. In occasione del World Economic Forum di Davos, Stiglitz non rinuncia alla consueta accusa nei confronti del mercato, reo di creare disuguaglianze.
 
Ritengo opportuno premettere che il WEF e consessi simili sono la massima espressione non già dell'economia di mercato, quanto del (peggior) corporativismo. Non a caso gli esponenti di diversi governi e banche centrali sono numerosi quanto economisti e amministratori di grandi banche e aziende. Quest'anno ci è pure toccato sentire il presidente (nonché capo del partito comunista) cinese impartire lezioni di globalizzazione.
 
Quella che va sotto il nome di "deregolamentazione" dovrebbe più propriamente essere definita "diversa regolamentazione". La stessa affermazione di Stiglitz, tra l'altro, contiene in sé una contraddizione: se veramente negli ultimi 25 anni avesse prevalso l'economia di libero mercato, non si sarebbero stratificate "rendite di posizione" o "favori dai governi", che sono conseguenze del corporativismo, non del libero mercato.

Ovviamente nessuno ha fatto presente a Stiglitz questa contraddizione. Come di consueto, i santoni del progressivismo possono dire qualsiasi cosa, anche la più assurda. A lui capita spesso.


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