Scorie - Nel 1981 ci fu il divorzio, dal 2015 c'è un'unione (in)civile

"Con il nuovo pacchetto BCE gli acquisti saliranno a 9 mld per cui nel 2017 la Banca d'Italia finirà col possedere almeno 215 mld di debito pubblico italiano. Il Governo pagherà così rilevanti interessi alla Banca Centrale che torneranno al Tesoro come profitti di esercizio e tasse su plusvalenze. La stessa cosa accade negli altri Paesi Euro. Si tratta di un circolo virtuoso che dà grandi opportunità a ciascun Paese. L'esatto contrario del divorzio Tesoro-Banca D'Italia voluto da Andreatta nel 1981 che, dopo gli errori degli anni '70, produce quel moltiplicatore del debito che ancora oggi condiziona pesantemente la stabilità e la crescita italiana. In valori assoluti (in euro), la spesa per interessi passivi è passata dai 12,4 miliardi del 1981 (il divorzio è del luglio) ai 41,7 del 1986. In termini di Pil la crescita va dal 5,1% all'8,8 (ai valori di oggi sarebbero circa 60 miliardi di euro di crescita in 5 anni). E' bene ricordarlo per mettere fine alla lettura errata sulla formazione del debito negli anni '80 e per ribadire che anche in economia le ideologie fanno male."
(M. Sacconi)

Periodicamente battono un colpo i nostalgici del matrimonio tra Banca d'Italia e Tesoro, il cui divorzio si consumò nel 1981. Tra costoro Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro del
Senato.


Prima del divorzio la Banca d'Italia copriva le aste di titoli emessi dal Tesoro, ossia comprava tutto quello che non veniva sottoscritto da investitori. Di fatto ciò calmierava il costo del debito, ma aveva creato una rincorsa tra spesa pubblica e monetizzazione, con un'inflazione dei prezzi al consumo significativa (non solo per quel motivo, ma anche per quello).

Agli "errori del anni '70" in realtà non fecero seguito anni di contenimento della spesa pubblica. Durante gli anni '80 la spesa continuò ad aumentare, ma essendo venuto meno il calmiere dato dagli acquisti di titoli da parte della Banca d'Italia, i tassi di interesse aumentarono, e così iniziò un effetto a palla di neve sulle dimensioni del debito pubblico.

In buona sostanza, chi ragiona come Sacconi se la prende con il termometro se la febbre aumenta. Fare spesa pubblica contando sulla monetizzazione non crea un circolo virtuoso, bensì un circolo vizioso, come d'altra parte era evidente quando si arrivò al divorzio (e si potrebbero guardare anche esperienze più recenti del genere in altri Paesi, con esiti simili).

Anche la monetizzazione surrettizia di oggi non risolve i problemi, semplicemente consente a chi governa di rimandare i tagli di spesa e fare più deficit, contando su un costo marginale del debito artificialmente compresso dal Qe.

Questo dice la cronaca. Quanto alla lettura errata della storia, ognuno è libero di avere il proprio punto di vista. Se si crede che si possa creare ricchezza reale dal nulla, allora si può ritenere che Sacconi abbia ragione.

Dopodiché non resta che credere anche a Babbo Natale e alla Befana.


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