Scorie - Il quadrilatero aureo

"Gli acquisti del debito pubblico da parte della BoJ hanno la finalità di restituire agli operatori finanziari le risorse necessarie per nuovi investimenti nell'economia produttiva: è una politica dell'offerta, market-driven, che si affianca a quella della domanda trainata dal deficit pubblico. Le condizioni di basso costo del denaro e di cambi sostenibili completano questo quadrilatero aureo."
(G. Salerno Aletta)

Guido Salerno Aletta è uno dei tanti sostenitori delle virtù taumaturgiche del QE, ossia dell'acquisto più o meno massiccio di titoli di Stato da parte della BCE. Come argomentazione a supporto del suo punto di vista cita l'esempio di quanto sta accadendo in Giappone.

Peccato che utilizzi parole del tutto fuori luogo. Per esempio, utilizza il verbo "restituire" riferito alla liquidità creata dal nulla dalla BoJ quando acquista titoli di Stato dagli operatori finanziari. Restituire sarebbe il verbo giusto se prima questi soldi fossero stati versati da quegli stessi operatori alla BoJ, ma non è questo il caso, dato che gli acquisti sono pagati mediante la creazione di nuova base monetaria.

Che, poi, quei denari siano utilizzati per "nuovi investimenti nell'economia produttiva" non è affatto scontato: a dire il vero, pare che finora siano serviti semplicemente per sostituire titoli di Stato con azioni e altri strumenti finanziari, dato che la componente investimenti nel Pil latita anche da quando la cosiddetta Abenomics è a pieno regime.

Altra grossolana inesattezza è che si tratti di una politica "market-driven", dato che, al contrario, sarebbe corretto dire che con quegli interventi la BoJ "drives the market", un concetto diametralmente opposto a quello di "market driven".

Infine, una breve considerazione sul "quadrilatero aureo": finora gli effetti delle politiche monetarie e fiscali espansive sono stati risibili sull'economia reale. I keynesiani additano l'aumento dell'IVA dal 5 all'8 per cento come colpevole degli ultimi due trimestri di crescita negativa del Pil, ma francamente tutto ciò appare un po' esagerato: il deficit resta pur sempre attorno all'8 per cento del Pil e il debito è oltre il 243 per cento. Numeri altini per parlare di politiche non abbastanza espansive.

Anche se, ovviamente, per i keynesiani non c'è limite all'espansione (né senso del pudore).


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